In fondo sembra una storia d'altri tempi. Stasera Jack Jaselli, 33 anni, milanese d'origine e cosmopolita per vocazione, filosofo laureato alla Cattolica e vagabondo diplomato dalla passione, debutta a San Siro. Il primo disco lo ha registrato tre anni fa in una cantina, ed era piuttosto elettrico, sapete molto funky. Il secondo è stato composto in una stanzetta scavata dentro uno scoglio in riva al mare a Pieve Ligure, ed è acustico e pure molto soul.
Lo conoscono in pochi, finora, il Jack Jaselli nato Giacomo, liceale al classico Parini «bocciato con sette in condotta», naturalmente indeciso a tutto ma fulminato sulla strada della musica proprio all'Università. Dunque, da domani lo riconosceranno in molti, se non altro perché canterà poco prima dei Negramaro sia a Milano che martedì all'Olimpico di Roma e sono stati proprio i Negramaro a volerlo attraverso il Cornetto Summer of Music Tour. «Quando ho iniziato a partecipare al concorso, onestamente ero un po' sfiduciato: temevo che alla fine i Negramaro si sarebbero portati il loro gruppo spalla e il vincitore del Cornetto avrebbe iniziato a suonare alle tre del pomeriggio davanti a una platea vuota». Invece no: «Giuliano Sangiorgi e tutta la band hanno dimostrato davvero quanto valgono: non sono soltanto parole le loro, sono stati coraggiosi».
Il pubblico più grande che finora abbia visto tutto insieme un concerto di Jack Jaselli è quello di Ben Harper Ben Harper l'anno scorso, qualcosa tipo cinquemila persone se va bene. Stasera se ne troverà davanti molte decine di migliaia in più e difatti «sono due notti che non dormo per l'emozione».
E ci mancherebbe.
Jack Jaselli è un cantante dal look eccentrico ma dalla storia molto centrata: la musica fino in fondo. «È stata lei ad arrivare a me, io non l'ho cercata con convinzione. Al liceo scrivevo brani sugli amori finiti male o sull'incertezza per il futuro. Poi alla Cattolica, mentre studiavo per laurearmi in Filosofia, mi sono reso conto che avrei voluto essere un cantautore e nient'altro». Giacomo Jaselli si è laureato con il massimo dei voti, e pure la lode, in Filosofia, indirizzo teoretico e «tesi anticonvenzionale» sulle Città invisibili di Italo Calvino. Difficile immaginare diversamente: Jaselli ha la leggerezza creativa di chi alla semplicità arriva con un bel po' di sofferenza anche perché «la gente mi continuava a dire: ma che lavoro fai?». Nel suo primo disco It's gonna be rude, funky, hard ha «ambientato» a Bristol, epoca trip hop, un capolavoro di Bob Marley come Could you be loved. E ora in I need the sea beacause it teaches me c'è addirittura un brano dei Nine Inch Nails che si intitola Closer ma qui è quasi irriconoscibile: «L'idea mi è venuta parlando con una mia amica», spiega lui, che ha la leggerezza di chi è tuttora incredulo e continua a riguardarsi quella frase tatuata sul braccio: «E farlo durare e dargli spazio».
È di Italo Calvino.
E arriva dopo quella sentenza che fa ancora parte del nostro tempo: «L'inferno dei viventi non è qualcosa che sarà; se ce n'è uno, è quello che è già qui». Forse per fuggirlo, quest'inferno, il filosofo Jaselli ha formato una band «perché la musica è uno sport di squadra» e continua a scrivere canzoni una dopo l'altra ed è diventato un personaggio perché era impossibile non succedesse. «Adesso finisco il tour, diciamo a fine mese, e poi mi concentro sul nuovo disco che ha un solo progetto: «Conterrà, come sempre, la musica che in quel momento mi sembra onesta e genuina».
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