In realtà il titolo di questa storia post-natalizia era «Falle la festa», ma facendo i conti col femminicidio, con gli stupri e gli incesti, consumati anche in famiglie allargate, tutti i santi giorni dell'anno, ho deciso di degradarlo a sottotitolo. Sono troppo buono? Politicamente corretto? O mi sto semplicemente parando il Klaus? Vedete voi. Anzi leggete voi questo racconto poco edificante. Del resto non sono né un moralista né il titolare di un'impresa edìle.
L'importante non è ciò che bolle in pentola. Ciò che conta è chi bolle in pentola. L'essenziale è che chiunque stia bollendo in pentola, non sia tu. Per fortuna non si tratta di me, né di voi.
La persona che stava per essere bollita in pentola rispondeva al nome di Stella Cometa, una virago di centoventi chili, quindi al presente poco eterea, che in un passato lontanissimo, incredibilmente era stata un'etèra, una dama di compagnia, da letto a baldracchino, laureanda in Filosofia, suonatrice di flauto traverso e brillante conversatrice. Una gran bella topa (l'avrebbe recensita Pietro L'Aretino). L'antitesi del fiabesco pifferaio magico dei fratelli Grimm, in quanto era lei, la roditrice, a incantare i pifferai per farsi seguire sino al gorgo del piacere carnale. E sappiamo tutti che l'orgasmo è una piccola morte.
In gioventù Stella Cometa avrebbe potuto dare dei punti anche ad Archeanassa, la squinzia di Platone. Poi, nei primi anni '70 del secolo scorso, la bella etèra si era volutamente fatta ingabbiare nella trappola per tope del femminismo militante. «Signore si scende» un cambiamento radicale. Non che Stella avesse smesso di rallegrare i musici ma era diventata una stella cadente.
Con lei potevi esprimere ancora ogni desiderio ma eri costretto a sorbirti un comizio quando faceva l'amore di gruppo. Il sex-appeal dei tempi d'oro si era convertito in un sacco a pelo ipertrofico.
A sessantasei anni Stella cadente, la brillante dispensatrice di gioia effimera, aveva già al suo attivo una corposa e corpulenta serie di pubblicazioni di successo tra le quali è opportuno ricordarsi i titoli «Eros e tabacco», «Priapo a pezzi», «La castrazione chimica del castrismo machista».
Era ricca, famosa, ingorda come una anaconda. E amata. Non da tutti in realtà. Uno dei motivi per i quali durante quei giorni neutri che imbarcano Natale sino all'Epifania, in una Milano addobbata come l'Expo (ormai ex-po), in una città gelida e vorace come un orchistar, in una Mediolanum che imitava Dubai, camini a parte, qualcuno voleva far bollire Stella in un pentolone. Forse.
Forse per invidia nei confronti di un corpo che era stato cosmico o quantomeno stellare, di un'intelligenza libertaria e libertina, imprigionatasi in una sorta di clausura nei confronti di tutto ciò che non fosse mediatico e ominicida.
Quel qualcuno di cui stiamo parlando, sono questi due qua.
Quello grosso si chiamava Klaus. Una pancia da Serial Drinker di birra artigianale e non. Due occhietti rossi come la tuta extralarge che ne conteneva a malapena l'esuberanza birresca.
Klaus sfoggiava una barba bianca che sembrava zucchero filato nel Luna Park di una discarica. Dava l'idea, confermata dall'afrore che emanava sfidando il gelo, di uno che aveva fatto l'ultima doccia durante la prima guerra del Golfo. 1991 dopo Cristo. A proposito di Natale. Non era un santo bevitore. Bevitore, questo sì. Santo, manco il giorno del suo onomastico.
Le interminabili feste natalizie che si sarebbero protratte fino al sei gennaio, inspiegabilmente il giorno della lotteria di Capodanno, rendevano Klaus anacronistico. Somigliava vagamente a Babbo Natale. Ma a un babbo natale fuori tempo massimo. Uno reduce da una bisboccia cisposa. Klaus sembrava un clochard conciato per le feste, vestito in rosso Ferrari. Ovviamente, non era un babbo natale in ritardo, Santa Claus guida le renne. Lui, una scassatissima Renault.
Quello piccolo era veramente piccolo. In realtà di statura media, trattandosi di un nano. Nonostante i trentatré anni, aveva una faccia da bambino. Si chiamava Jesus. Nonostante il freddo porco, era vestito solo di un lenzuolo della madonna che, volendo, avrebbe potuto anche fargli da coperta. In effetti, ci dormiva dentro. L'unica cosa che aveva in comune con il suo corpulento partner in crime erano gli occhietti rossi che sprizzavano cattiveria etilica. Jesus avrebbe perfettamente incarnato un pollicino perverso, un allucino (un piccolo alluce) allucinato. Naturalmente non era Gesù bambino in colpevole ritardo rispetto al proprio genetliaco. Gesù bambino si pasce tra un bue e un asinello. Lui, mandava ogni piano in vacca.
Il piano di Klaus e Jesus era genialmente primitivo. Nei giorni successivi a Natale, quando i veri (?) Santa Claus e Gesù bambino portavano doni ai bambini per interposta persona, loro due andavano a recupero. S'introducevano in villette isolate ai bordi di una Milano espansa ed espansiva. Razziavano. Stupravano. Picchiavano a sangue, a volte uccidevano, per poi sparire con la refurtiva sino alle prossime feste di Natale. Erano sadici da tredicesima. Animali feroci da post Jungle Bells. Creature della giungla metropolitana che dopo l'Epifania andavano in letargo. Poi, sparivano nel nulla delle stelle gelide da cui erano scesi.
Stella cadente aprì la porta della sua villetta di Cubano Milanino, Milano Ovest. Sulla telecamera collegata al citofono, aveva visto una sorta di parodia tragica di Babbo Natale. Il Gesù bambino nano le era sfuggito. Essendo nano, appunto.
Lei non aveva paura di niente e di nessuno.
«Ah! Babbo Natale, e guarda un po', anche Gesù bambino...» commentò accorgendosi della presenza di Jesus «... vi vedo malconci e leggermente incazzati. Scommetto che appartenete alla stupida categoria degli strenui difensori del Santo Natale. Presumo che il motivo della vostra visita sia legato al mio articolo su Donna con le palle in cui affermo che Babbo Natale sia in realtà Mamma Natale e che Gesù Bambino sia, nonostante il maschilismo, Gesù bambina. Gesuina».
Klaus e Jesus si guardarono interdetti per una manciata di polvere di fate. Poi Klaus prese l'iniziativa. Ammollò uno sganassone post-natalizio a Stella che cadde al suolo. Ma l'ex-etèra femminista non attese il gong. Si rialzò e colpì al naso il ciccione senza dimenticarsi di sferrare una ginocchiata alla testa del nano.
La fortuna aiuta le audaci ma solo sino a un certo punto. Klaus, ripresosi, riuscì a piazzare un pugno tamponato al cloroformio al naso di Stella. Stella Cometa perse i sensi, posto che Stella Cometa abbia un senso.
Quando si riprese, l'ex-etèra si ritrovò incastrata nel pentolone di famiglia, un caro ricordo dei tempi in cui serviva il pranzo agli adulti in difficoltà nel dormitorio di viale Ortles insieme agli altri Vip benèfici che collaboravano con i City Angels, i volontari del bene, i cherubini della sicurezza e del disagio sociale.
La prima cosa che notò fu Jesus che si era denudato.
La seconda a entrarle in testa fu una focalizzazione sulla storia dell'arte: solo due artisti smutandanti avevano ritratto Gesù bambino nudo, non senza suscitare scandalo. Due artisti senza fasce: Beato Angelico, un nome un programma, e Lorenzo Monaco, anche lui, come predestinazione non scherzava.
«Adesso ti bolliamo viva» disse Jesus.
«Prima ci dovevi mettere il sale. Coglioncello» lo fulminò Stella.
Klaus che era meno sadico del nano ma più sessualmente rapace, chiese al socio «Bollirla e basta è uno spreco, posso farle la festa?».
«Falle la festa» concesse Jesus
La situazione stava degenerando. Anche se non siete di madrelingua inglese, penso che possiate avere un'idea fonetica e semantica del «Torture porn» (un sottogenere cinematografico), non preoccupatevi, non arriverò a tanto. Tanto vi ho già conciato per le feste.
«Ascoltami Klaus, ripensandoci, c'è voluta tutta la tua stazza per infilare quest'ammasso di lardo nel pentolone».
«Hai qualcosa contro gli ammassi di lardo?» s'informarono simultaneamente l'uomo in rosso e la signora nel pentolone.
«No. Figuratevi! Si tratta di un problema tecnico, non volevo offendere nessuno». In fondo Jesus era educato. Male, ma era educato.
«Il fatto è, mi sto rivolgendo a te Klaus, avresti potuto pensarci prima. È stata una faticaccia. Se proprio vuoi sollazzarti con questa polpettona, devi gestirtela tu, io mi limito alla tortura».
«E invece io, sono mia e mi gestisco io» ribadì Stella cadente. In effetti, era una donna speciale, come quasi tutte le donne sotto le stelle. Da guardare e non toccare, se non con il loro consenso. Stella era sempre stata una donna libera, il che non aveva impedito che al momento fosse imprigionata in un pentolone.
La notte delle feste stava trasmutandosi in una notte di Fiesta de sangre senza tori, senza corride, senza García Lorca, porca lorca.
Tensione al massimo. Un nano e un omaccione, figli di una giungla di palle luminescenti, si stavano sfidando a chi fosse più cattivo. Bella lotta!
Klaus era un predatore d'argenteria e di argento vivo. Jesus un modesto lucidatore di bare.
«Che ne facciamo di questa zoccola?» chiese Klaus al socio dominante.
Stella Cometa rispose invece di Jesus: «Cosa fare di me? Lasciatemi uscire da questo stupido pentolone e ve le suono a tutt'e due. Maschilisti del Klaus».
Klaus si rese conto che Stella sarebbe stata in grado di farlo, non appena si fosse liberata, perché era una donna libera.
«Senti, bolliamola e basta».
«Non ci avete ancora messo il sale, coglioncelli!».
«Dov'è il sale?» chiese uno dei due aguzzini.
«Ho proprio a che fare con degli incapaci. Siete riusciti a trovare un pentolone zanzato, da Mario Furlan dei City Angels, e non siete in grado di trovare del sale per cuocere».
Quando hai le palle, hai anche le palline da albero di Natale per infilzare ed addobbare. Un finto Babbo Natale e un finto Gesù bambino, due autentici babbi di minchia. Non sono all'altezza.
L'epilogo grandguignolesco di un rito omicida che avrebbe generato proseliti, non aveva previsto il pronto intervento di qualcuno, qualche due. Questi due qua.
Il ciccione era vestito da Babbo Natale perché era Babbo Natale. Il bambino indossava la veste di Maria che gli faceva da coperta. Non è che andassero molto d'accordo.
«Perché io devo portare i regali e tu ti limiti a ricevere oro, incenso e mirra, dai Re Magi?».
«Perché io sono un donatore sano» rispose Gesù bambino.
«D'accordo, abbiamo fatto il nostro tempo. Io sono eternamente vecchio e tu eternamente bambino. Però anche se siamo in ritardo, direi che è il caso di intervenire, da qualche millennio».
«Hai mai visto gli ultimi film di Sylvester Stallone, ormai bollito?».
«Non vado al cinema».
«Neanch'io».
«Beh, che uno creda o meno in noi, gli spetta una sorta di regalo: la giustizia. I cattivi devono essere puniti e noi fino a prova contraria, siamo contro i cattivi, a favore del beau geste».
Nonostante Santa Claus non si fidasse di Gesù bambino e viceversa, era necessario un intervento, tardivo rispetto al calendario ma assolutamente efficace.
I due veri (?) Babbo Natale e Gesù bambino stabilirono un piano d'azione e lo applicarono.
Stella non era alla frutta, era al sale. Una cosa in cui credi prima che qualcuno ti bollisca.
Due leggende irruppero nella realtà. Nonostante nessuno dei due fosse violento, Santa Claus stese Klaus e Gesù bambino stirò Jesus alla stessa altezza.
Stella Cometa, dal pentolone, scoprì che anche chi non ha fede può incontrare persone di cui fidarsi.
«Siamo arrivati in ritardo» disse Santa Claus a Gesù bambino.
«Non è questo il problema. Cosa ne facciamo di questi nostri squallidi plagiari?».
«Io, personalmente, li darei in pasto alle mie renne».
«Ma le renne non sono carnivore» obiettò Gesù bambino.
«In certi casi mi avvalgo della collaborazione di renne mannare. E tu?».
«Io, se fosse per me li crocifiggerei ma siccome ci sono già passato, sarei per il perdono».
«Bueno».
Klaus e Jesus (il finto Babbo natale e il finto Gesù bambino), si accorsero improvvisamente di essere stati miracolati.
Stella Cometa scoprì che di certe leggende ci si poteva fidare. Poi arrivò la Befana.
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