Cosa c'è in un nome? Un destino, un auspicio e, a volte, una maledizione. Chiamare oggi un figlio con nomi antiquati in ricordo dei nonni o, peggio ancora, affibbiargli improbabili nomignoli americanizzati in onore dei protagonisti della telenovela preferita, può marchiare a vita la vittima innocente di genitori crudeli o insensibili. La scelta di un nome non condiviso è il pretesto che avvia l'esilarante commedia francese Cena tra amici (Le Prenom) di Alexandre de La Patelliére e Mathieu Delaporte. Con la scusa del nome scelto per un bebè ancora lungi dal nascere, i registi affondano spietatamente la lama dell'ironia nelle ipocrite abitudini e nei triti luoghi comuni della borghesia radical-chic parigina. Dalle prime inquadrature veniamo a sapere tutto dei personaggi invitati alla cena marocchina, che non piace a nessuno, ma fa tanto tendenza: la padrona di casa, Elisabeth detta Balù, (Valérie Benquiqui) è una professoressa buonista, che nel suo lavoro si distingue per particolare attenzione verso gli stranieri e gli emarginati, salvo poi vomitare ingiurie e frustrazioni sui deboli che ha davvero vicino, ossia i suoi figli, loro sì, chiamati con nomi impossibili, come Apollin e Myrtille. Suo marito Pierre (Charles Berling) è l'archetipo del presuntuoso intellettuale di sinistra, autore di illeggibili saggi critici e titolare di cattedra di letteratura alla Sorbona, dove insegna gigioneggiando, vestito con l'immancabile completo di velluto scuro che fa tanto impegnato. Alla consueta e indigesta cena etnica sono stati invitati Claude (Guillaume De Tonquedec), un vecchio amico d'infanzia e Vincent (Patrick Bruel), il fratello di Balù con sua moglie Anna (Judith El Zein), una coppia che più diversa dai padroni di casa non si potrebbe immaginare: lui è un manager affermato, tanto simpatico e ricco quanto allergico alla cultura libresca, e sua moglie è un'algida ed elegante donna in carriera. Vincent è brillante, generoso e simpatico; diventerà padre, e usa il nome di suo figlio per fare uno scherzo dalle conseguenze inaspettate. Pierre rivelerà la sua natura arrogante e autoritaria che non sopporta di essere messo in discussione, mentre Vincent, nella sua eccessiva rozzezza, ne esce alla fine come un simpatico guascone, che si diverte e se ne frega dei pregiudizi della sorella, che non berrebbe mai certi vini «perché sanno di OAS» e non ha la tv perché è diseducativa.
A prima vista, Cena tra amici può ricordare Carnage, il recente film di Polanski che ha incassato l'unanime giudizio positivo di critica e pubblico, ma la somiglianza è solo apparente: le due coppie di Polanski non si conoscono, mentre quelle francesi sono legate da stretti legami famigliari; i personaggi francesi sono brevemente inquadrati anche al di fuori delle vicende narrate, mentre gli americani sono descritti nell'unità di tempo e luogo del film, e, soprattutto, si nota la differenza culturale che separa il Vecchio mondo dal Nuovo: la pellicola europea volge il dramma in commedia e stempera le ostilità nell'amore che giustifica e unisce anche le contrapposizioni più aspre, mentre l'etica severa dei protagonisti di Carnage, forse un lascito protestante, separa irrimediabilmente e giudica senza perdonare.
Gli incassi tutt'altro che disprezzabili ottenuti anche in Italia nella prima settimana di programmazione dalla Cena tra amici confermano, se ce ne fosse ancora bisogno, che le pellicole valide restano tali tutto l'anno, anche nella stagione estiva, a maggior ragione in tempi di crisi.
Il successo ottenuto nelle sale italiane riflette quello riscosso in patria, e conferma i buoni risultati in generale della commedia d'oltralpe, generalmente apprezzata anche da noi, come confermano i buoni risultati, tanto per citare qualche titolo a caso, dello strepitoso Giù al nord, che ha addirittura ispirato il remake nostrano con seguito, Il piccolo Nicolas e i suoi genitori, Niente da dichiarare e i recentissimi Chef e L'amore dura tre anni.
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