Paolo Giordano
Dopotutto gli piace l'idea di esagerare. Perciò Gué Pequeno ha intitolato il nuovo disco Sinatra, proprio così: «Non sono un fan di The Voice, ma l'arroganza è molto hip hop. Diciamo che avrei potuto intitolarlo King e il significato era lo stesso». Essendo nato il giorno di Natale (a Milano, 1980) a Cosimo Fini, detto Gué Pequeno, una certa autostima è venuta subito spontanea e difatti lui scherzosamente dice che «non ho mai capito i corsi motivazionali». Però in vent'anni ha fatto la storia del rap italiano facendosi conoscere con i Club Dogo e poi infilando un disco di successo dietro l'altro come solista, consacrando un marchio che non è solo musicale, ma pure di moda, visto che ogni tre per due lancia collezioni o abiti o gadget.
Insomma Gué Pequeno è uno stile di vita, naturalmente sopra le righe e spesso assai kitsch, però legato a obiettivi chiari: è, in poche parole, il capitalista del rap italiano, al quale ha dato una bella mano a uscire dalla penombra. Tra l'altro questo disco (che esce il 14 ed è superiore al precedente Gentleman) è una dimostrazione di forza perché ha una produzione che non la distingui da una americana, tanto è sofisticata e multistrato. E poi perché i featuring delle canzoni di Sinatra, ossia le collaborazioni con altri artisti, disegnano la mappa dell'hip hop non solo di casa nostra, da Sfera Ebbasta, Capo Plaza e Marracash fino a Noyz Narcos. Se non è il Sinatra del rap, un posto nello scintillante Rat Pack italiano non glielo leva nessuno, anche perché il 16 marzo debutta pure al Forum, praticamente un'incoronazione).
Però lei, Gué Pequeno, non ha mai voluto essere «alla moda», ha sempre seguito la sua strada.
«Esatto, non ho mai cercato di diventare mainstream così come oggi non cerco un tweet di Salvini per farmi conoscere a un pubblico ancora più grande».
In fondo passa abbondantemente in radio...
«Sono sempre andato bene in radio...».
Ed è anche forte nello streaming.
«Credo che Fabri Fibra ad esempio non sia così forte».
Insomma, la gente la conosce.
«Forse perché ho sempre seguito la mia strada. Ad esempio, ho rifiutato due volte di andare all'Isola dei Famosi, nonostante me l'abbiamo chiesto con molta insistenza».
E perché ha detto no?
«Perché se devo passare mesi in isolamento a pisciare di nascosto dietro una barca voglio che mi diano almeno mezzo milione di euro (sorride, ndr). Però se mi chiama Maurizio Costanzo per intervistarmi, ci vado subito».
Adesso però, Gué Pequeno, c'è la novità trap che sta sparigliando le carte tra i rapper.
«Ma no, la trap è solo una parola, è pur sempre hip hop. Ora va la trap, domani chissà: è tutto un ciclo».
Uno degli idoli trap appare pure in Sinatra: Sfera Ebbasta.
«Sfera l'ho visto crescere, veniva a casa mia prima ancora di debuttare con un disco. Ha dimostrato di essere tra i più forti».
Lui ha impiegato meno di lei a essere «riconosciuto».
«Vero. Per un bel po' non mi è stato riconosciuto il mio ruolo, forse anche perché non ho mai cercato questo tipo di conferme».
Pure sui social network è stato un po' evanescente.
«Ho sempre fatto il cazzone, ma adesso sta cambiando».
Dopotutto è il momento di Sinatra.
«Un disco che non è introspettivo, non ha manco una ballad».
Però ha dei titoli che sono un manifesto come Hugh Guefner oppure Bastardi senza gloria (con Noyz Narcos) o Trap phone e Sobrio.
«Questo non è un disco arrabbiato o frustrato, è il racconto di come è la mia musica oggi».
E anche i testi sono molto meno evanescenti di quelli dei giovanissimi.
«Volevo dar loro una lezione (sorride, ndr). In realtà ho sempre cercato di alzare il livello della mia scrittura».
Oltre a Elodie (in Sobrio) e Frah Quintale (in 2%), in Bling bling c'è un campionamento di Oro scritta da Mango con Mogol.
«Abbiamo deciso di usare definitivamente quel brano soltanto poco prima di finire il lavoro alle quattro del mattino. E alla vedova del grande Pino Mango piace moltissimo come è venuto».
Scusi Gué, ma i Club Dogo ritorneranno insieme?
«Onestamente non so, probabilmente no. Magari tra un po' di tempo faremo un disco. Noi siamo stati avanti prima di tutti, già nel nostro ultimo disco avevamo suoni trap e autotune. Ma la vita va avanti, si girano le pagine e si pensa ad altro».
A
proposito, lei ha sempre pensato anche al business.«Non volevo essere uno sfigato come altri, mi piace un tenore di vita alto, anzi altissimo. Mi sono dato molto da fare e adesso sono arrivati anche i soldi...».
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