Un grande romanzo tutto al maschile e a suo modo maschilista, quando il #MeToo non esisteva, che racconta di meravigliose storie condivise quando i social erano un incubo di là da venire. Ecco Il club degli uomini del newyorkese Leonard Michaels (1933-2003), uscito nel 1981, pubblicato in Italia l'anno successivo da Mondadori (con in copertina due stivali da cowboy che poco c'entrano con il libro) e ora ritradotto da Katia Bagnoli per Einaudi (pagg. 132, euro 17). Per la cronaca cinematografica, nel 1986 divenne anche un film con lo stesso titolo per la regia di Peter Medak con Harvey Keitel, Frank Langella e Roy Scheider.
Tutto in una notte. Sette uomini - professionisti, benestanti, mezza età, una vita intera di ricordi fra qualche successo e tante delusioni, come ognuno di noi - che si trovano nella bella casa di uno di loro: è la prima sera di un nuovo club, solo per uomini ma non soli. Tutti hanno mogli, compagne, amanti... Ma non lì, non quella notte. Uno psicanalista, un agente immobiliare, un professore universitario (il Narratore), un ex campione di baseball, un medico, un avvocato, un fiscalista. O così sembra. Siamo alla fine degli anni Settanta, a Berkeley, quando «le donne volevano parlare di rabbia, di identità, di politica eccetera». Loro si radunano in collettivi, o in gruppo. Gli uomini, forse più timidi, forse più stanchi, in un club. Lo scopo? «Raccontarsi tutto».
Ed eccoli i racconti dei sette maschi, che si sovrappongono e s'intrecciano, in dieci secchi capitoli. Storie di mogli prima di tutto («Per voi è interessante soltanto l'altra donna. Ma se non ci fosse prima una moglie non ci sarebbe l'altra»), di relazioni extraconiugali, di studentesse, di ex, di prostitute. Ogni donna evocata e ricordata genera una confessione, ogni confessione una storia: di cinismo, o di disillusione, di fallimento, di rimorso.
I maschi ne escono (apparentemente) a pezzi: sono traditori, vigliacchi, egoisti, a volte persino aggressivi o crudeli. Ma possiedono una cosa, che le donne non hanno: la capacità di trasformare un «club» in un pugno di amici. E anche un'altra a dirla tutta.
Quella di amare in modi forse meno chiari, meno lineari, meno semplici e magari meno gratificanti per lei. Ma di più. E amare di più, significa soprattutto soffrire di più. Ed ecco un bellissimo romanzo sulla sofferenza amorosa maschile. Aggettivo che non sempre è sinonimo di maschilista.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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