A Vinci - un'ora da Firenze, su una collina affacciata sulla campagna toscana - tutto è questione di proporzioni. E così, secondo l'insegnamento del suo più universale cittadino, al centro esatto del piccolo borgo, tra piazza della Libertà col cavallo in bronzo di Nina Akamu (1997) ispirato ai disegni equestri del Vinciano, e la grande scultura in legno lamellare di Mario Ceroli (1987) che reinterpreta l'immagine dell'Uomo vitruviano nella terrazza panoramica dietro il castello dei Conti Guidi, eccola: villa Baronti-Pezzantini, nuova sede della Fondazione intitolata a Carlo Pedretti, il più grande studioso di Leonardo da Vinci dell'ultimo secolo.
Ristrutturata con i finanziamenti di sponsor russi, presieduta dalla vedova, Rossana Pedretti, e diretta da Annalisa Perissa Torrini, la Fondazione ha un privilegio unico (valorizzare l'immenso patrimonio dei coniugi Pedretti nel luogo stesso di nascita del genio) e una missione precisa: diventare un centro di ricerca e valorizzazione del patrimonio leonardesco con mostre, eventi, pubblicazioni.
L'inaugurazione è domani. I restauri appena ultimati, perfetti: affreschi e decorazioni ottocenteschi, mentre il nodo vinciano rielaborato da Pedretti - sorta di logo della villa - è inciso su vetri e copritermosifoni. C'è un piccolo parco. La pavimentazione della piazzetta antistante (intitolata a Carlo Pedretti, naturalmente) è agli ultimi ritocchi per il taglio del nastro di domani. Il bookshop ricavato dalla dependance già pronto a battere i primi scontrini (i cataloghi delle mostre usciranno per le edizioni CB di Sergio Cartei che ha pubblicato negli ultimi vent'anni tutti i libri di Pedretti: «Ho usato suoi font e colori preferiti»). E poi i tre piani della villa. All'ultimo gli uffici, al piano nobile gli spazi per le mostre temporanee e al pianterreno il percorso permanente della Fondazione: un grande touch wall dove sfogliare, come un libro, la vita e le opere di Leonardo. Sale di didattica come quella con lo «specchio magico»: uno schermo televisivo con webcam per riprendere il viso del visitatore, rielaborarlo a mo' di schizzo di Leonardo a penna e inchiostro e restituirtelo stampato all'uscita. Ai piedi dello scalone centrale uno specchio-cannocchiale per leggere nel verso giusto la scrittura del Maestro (in questi giorni è puntato su una pagina in cui si parla del volto e della fisiognomica). E le ex cucine della villa riconvertite a saletta di proiezione. Buio, silenzio: passa Il Codice Hammer raccontato da Carlo Pedretti, una produzione del 1981. Due puntate speciali di Ulisse - Rai, 2009, conducono gli Angela, padre e figlio - con Pedretti in studio che svela i volti nascosti di Leonardo. E poi il film Il diluvio di Leonardo di Mark Whitney e dello stesso Pedretti, con testi di Leonardo da Vinci letti da Anjelica Huston. Los Angeles, 1989...
Appunto, Los Angeles. Il professore Pedretti ci visse e insegnò una vita, cinquant'anni, dal 1959 al 2013. Poi rientrò in Italia per mantenere nel nostro Paese l'eredità culturale e materiale della famiglia. Che consiste in: una preziosa biblioteca (per ora nella villa di famiglia di Castel Vitoni a Lamporecchio, in futuro qui a Vinci), i suoi libri (ne scrisse una settantina, e oltre 600 articoli: l'intera bibliografia sarà messa online il 5 gennaio, a un anno giusto dalla morte), un archivio ricchissimo e ordinatissimo, come spiega la direttrice della Fondazione: «È una miniera che offre ancora molti spunti di riflessione e aiuti per orientarci negli studi»; ci sono lettere di studiosi di tutti il mondo con i quali si scambiava pareri, ipotesi e informazioni, i suoi disegni personali («Il professore aveva una buonissima mano... e già a 13 anni aveva imparato a scrivere da destra a sinistra come Leonardo»), e poi giornali, riviste, fotografie. «Conservava tutto: nel 2003, un giorno andai a trovarlo a Lamporecchio e mi tirò fuori un biglietto che gli scrissi nel 1978 mentre stavo preparando la mia tesi di laurea su Cesare da Sesto, un leonardesco...». Ma soprattutto, il lascito più prezioso, che oggi - alle porte del quinto centenario della morte del maestro di Vinci - diventa il nucleo della mostra che apre in coincidenza con l'inaugurazione della Fondazione: Leonardo disegnato da Hollar (fino al 5 maggio 2019), ossia le 33 incisioni dell'artista boemo Wenceslaus Hollar (1607-67) acquistate da Carlo Pedretti negli anni Cinquanta e mai esposte prima. Finora. Eccole qui. Nelle due sale per le esposizioni della villa ce ne sono 31, e sono tratte dai disegni originali di Leonardo: profili di uomini, volti bizzarri, grotteschi... («Leonardo da Vinci è un grande innovatore anche in questo campo, prima di lui non esisteva un'attenzione per la caricatura: qui si vede tutta la sua arguzia toscana, il gusto per la facezia, per il deforme, il mostruoso, lo strano, il buffonesco...»). Il bello del brutto. E poi, accanto alle incisioni, due disegni di mano del maestro toscano provenienti dalla Biblioteca Ambrosiana di Milano e mai visti prima qui a Vinci («È Leonardo che torna a casa...») e due splendidi disegni di Francesco Melzi, allievo di Leonardo provenienti da Los Angeles: «Sono importanti perché hanno un soggetto che riprende un disegno leonardesco conservato al Getty Museum, e poi ripreso da un'incisione: e così l'asse visivo è completo: Leonardo, Melzi, Hollar».
Centro studi, archivio, biblioteca, mostre. Anche la lezione di Carlo Pedretti, ora, è completa. E la cattedra da cui impartirla non poteva che essere Vinci.
Curioso e infaticabile («Si alzava alle 6 e iniziava a lavorare, nella vita studiava e basta»), ironico e modesto («Sono il servo dei servi di Leonardo, diceva sempre»), il professore aveva una memoria di ferro: ricordava con una precisione estrema tutto ciò che aveva visto (che era molto) e scritto (ancora di più). Del resto Carlo Pedretti è l'unico ad aver studiato sugli originali tutti i disegni di Leonardo sparsi per il mondo, tra musei e collezioni private. Che in qualche modo se li è portati dietro fino a qui, a Vinci.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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