"Li chiamo infami". Ecco perché Fedez deve vergognarsi

Il rapper ha interrotto il lockdown della retorica insegnandoci nel weekend i valori in cui (a suo dire) dobbiamo credere. Ma ha dimenticato gli insulti (vergognosi) a chi difende la sua libertà. Cosa diceva sulle divise...

"Li chiamo infami". Ecco perché Fedez deve vergognarsi

È salito sul palco per attaccare, per fare un sermone, per usare uno spazio del servizio pubblico (pagato dai contribuenti) per fare propaganda politica senza contraddittorio. Al di là della polemica su presunte censure preventive o meno, Federico Lucia ha scelto di ignorare il tema centrale del concertone del Primo Maggio, il lavoro, per mettere nel mirino il suo nemico preferito la Lega. Di certo le citazioni degli esponenti della Lega riportate nel discorsetto di Fedez sono da condannare, ma resta il fatto che le sedi per il confronto politico sono altre. Eppure ancora una volta il campione di moralismo, l'uomo che incarna tutte le libertà moderne (tranne quella di ascoltare le ragioni altrui) è salito sul pulpito e ha moralizzato tutti in nome del Ddl Zan.

Mentre Fedez sciupava il suo intervento per parlare del disegno di legge contro la omotransfobia, milioni di lavoratori, che magari in passato hanno votato a sinistra, vedevano definitivamente morire sul palco del 1 maggio la tanto amata lotta di classe e i diritti rivendicati per più di un secolo. Più importante (e soprattutto più figo) per il signor Lucia parlare del mondo Lgbt e del Carroccio. Il messaggio che ha voluto regalarci Fedez per la festa del Primo Maggio è il seguente: vi spiego io quali sono i valori in cui credere, vi dico io qual è la parte giusta in cui stare e soprattutto vi dico io chi sono i "buoni" e chi sono i "cattivi". Poi l'ambizione di avere una parte del Paese ai suoi piedi adorante sui social a scrivere "come è bravo", "quanto sto godendo".

Un ego smisurato quello di Federico Lucia che però non ha avuto il tempo di controllare il suo passato. Già perché il moralizzatore che col bazooka della retorica e del killeraggio politico contro la Lega ha di fatto ignorato i lavoratori nel giorno della loro festa, ha scordato quando dal pulpito del rap offendeva e insultava chi garantisce la sua sicurezza e soprattutto custodisce lo Stato di diritto in cui Federico pontifica dai palchi. Basta rispolverare il testo di una sua canzonetta di qualche tempo fa per rendersi conto della coerenza del signor Lucia. Il testo che va ricordato è "Tu come li chiami". In pochi pseudo-versi, Fedez attacca forze dell'ordine e militari: "Tutti quei figli di cani, tu come li chiami, carabinieri e militari, io li chiamo infami, tutti quei figli di cani". Parole chiare che non meritano commenti. Qui non c'è odio, sia chiaro. Il moralizzatore segnala l'odio altrui, le sue sono "opinioni", la sua è "arte", guai a toccaglierla.

Lui è libero di insultare chi vuole, anche le divise, perché vive in un Paese come il nostro. Ma almeno ci risparmi le lezioncine col microfono in mano. Impari dai suoi testi in libertà cosa significa davvero democrazia.

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