Giampietro Berti
È noto il giudizio di Benedetto Croce, secondo cui l'espressione «cattolico-liberale» sarebbe una contraddizione in termini. Si dovrebbe parlare, più che di un preciso sistema di pensiero, di un generico incontro tra il sentire cattolico e il sentire liberale, di un uguale stato d'animo verso gli stessi problemi della libertà, sia essa religiosa o politica, cioè di una comunanza di atteggiamenti non suscettibili di un'elaborazione culturale coerente in grado di dar vita a un vero movimento politico: liberalismo, cattolicesimo liberale e liberalismo cattolico sfumerebbero insomma l'uno nell'altro in una gradazione continua in cui risulterebbe difficile individuare le interne componenti.
Senza porre in discussione questi assunti teorici, Federico Mazzei, nel notevole saggio Cattolicesimo liberale e religione della libertà. Stefano Jacini di fronte a Benedetto Croce (Studium, pagg. 192, euro 19; prefazione di Roberto Pertici), documenta come la lunga amicizia tra il cattolico liberale Stefano Jacini (nipote dello Jacini conduttore della celebre inchiesta agraria) e lo stesso Croce abbia testimoniato la possibilità di un incontro fattivo tra il cattolicesimo liberale e il liberalismo. La crociana «religione della libertà», come fede secolarizzata, e la religione cristiana, come fede trascendente, risultano qui accomunate dal riconoscimento del primato della coscienza morale, intesa come autentico principio ispiratore della libertà, la quale viene declinata sia in senso religioso, sia in senso etico-politico. Naturalmente si tratta di un incontro problematico perché, mentre per i cattolici la libertà sta innanzitutto nella facoltà di portare a compimento i fini dell'anima (e dunque la legge è concepita in interiore homine), per i liberali la libertà risiede nella facoltà di realizzare e garantire i fini degli individui (e dunque la legge è concepita inter homines). Di qui il contrasto, ricorrente, fra integralismo e laicismo.
Il rapporto fra Croce e Jacini si snoda attraverso la prima metà del '900, e in tal modo è possibile vedere come vengono da loro vissuti e giudicati i vari momenti che scadenzano la storia politica e culturale italiana: l'affermazione e la crisi del modernismo cattolico, il problema del neutralismo e dell'interventismo di fronte alla Grande Guerra, l'avvento del fascismo, il Patti Lateranensi, la liberazione e la guerra civile, il dopoguerra, la ricostruzione del Paese.
Mazzei ricostruisce le convergenze e le divergenze fra i due protagonisti, utilizzando una documentazione epistolare per buona parte inedita, e in tal modo getta nuova luce non solo sull'evoluzione del pensiero crociano, ma anche sul mondo degli intellettuali cattolici sinceramente liberali. Mentre le divergenze riguardavano soprattutto il ruolo della Chiesa, le convergenze erano date dal rifiuto di ogni idolatria statalistica, e quindi dalla critica del comunismo e del fascismo, giudicati i nemici primari della libertà. Emerge, complessivamente, l'importanza storica del liberalismo e del cattolicesimo liberale che, pur rappresentando posizioni minoritarie, hanno costituito ugualmente un punto di riferimento irrinunciabile, specialmente negli anni bui dei totalitarismi.
Forse il frutto politicamente più convincente di questo incontro è rinvenibile nella figura del democratico cattolico Alcide De Gasperi, che nel secondo dopoguerra seppe guidare l'Italia seguendo la dialettica realistica della conservazione-innovazione con i risultati positivi che tutti conosciamo.
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