Emmanuel Carrère non ha i baffi. E non li ha mai avuti. O almeno: non esistono foto pubbliche che dimostrino il contrario. O forse li aveva e poi se li è tagliati, ha fatto sparire tutte le fotografie che mostravano il volto baffuto prima che arrivassero in mano alla stampa, e ora può farci credere di essere sempre stato pulito... O magari, altra ipotesi, presto Carrère se li farà crescere, e molti di noi saranno convinti che li abbia sempre portati... Domanda: ma se improvvisamente si mostrasse al pubblico con i baffi, noi saremmo in grado di riconoscere Emmanuel Carrère? Ci sarà un motivo se in tanti romanzi e film, il primo modo per camuffarsi, per chi non vuole farsi riconoscere, è tagliarsi i baffi se li aveva o farseli crescere se non li ha mai avuti. È una questione di identità: la nostra, quella che ci attribuisce chi ci conosce, quella che percepisce chi non ci ha mai visto prima. Io, noi, loro.
Qualche critico ha detto che quando Emmanuel Carrère scrisse I baffi pensasse a Uno, nessuno, centomila. Qualcun altro ha tirato fuori Kafka. L'autore, da parte sua, ha smentito gli uni e gli altri. «Non conosco bene Kafka né Pirandello», disse tempo fa in un'intervista. Oltre, c'è solo il ricordo inconscio.
Comunque, il fatto è che oggi I baffi rispuntano. Il romanzo - titolo originale La Moustache - fu pubblicato in Francia nel 1986, fra i primissimi libri di Emmanuel Carrère e diventò anche un film di raffinato intellettualismo nel 2005, con Vincent Lindon e Emmanuelle Devos, per la regia dello stesso scrittore. Uscito in Italia nel 1987 per Theoria (con una bellissima foto di copertina «fatta in casa») e nel 2000 per Bompiani, torna ora per Adelphi, che sta ripubblicando tutto Carrére.
Un libro grottesco? Horror? Surreale? Surrealista (i baffi sono qualcosa di molto surrealista...)? O paranoico-complottista? Anche.
Intanto ecco la ficton (quando Carrère ancora non era il maestro del non fiction novel). Il protagonista, che rimarrà sempre senza nome, un pomeriggio, sul tardi, decide di tagliarsi i baffi (li porta da quando era giovane). E lo annuncia alla moglie come fosse uno scherzo... Ma sappiamo quali esiti possano avere gli scherzi in letteratura. Lo dice, e lo fa. Impugna il rasoio, e zac, zac! Ma, ecco il punto di non ritorno del romanzo, né la moglie né gli amici né i colleghi sembrano accorgersi del cambiamento (o fanno finta di non accorgersene?). Di più: tutti gli dicono che no, lui non ha mai portato i baffi! «Si sorprese anche lui a dimenticare che si era rasato i baffi, che gli altri fingevano di non accorgersene, e quando se ne rese conto lanciò un'occhiata allo specchio sopra il camino per convincersi che non aveva sognato...». Ma cosa sta succedendo? È lui che sta perdendo la testa o è il mondo intorno a lui che ha cominciato a girare al contrario? Velocemente, inesorabilmente, l'identità del protagonista è messa in discussione. Effetti collaterali: crisi di coppia, richiesta di aiuto a uno psichiatra (ma a chi serve: a lui o alla moglie che trama contro di lui?), la discesa nella follia, un viaggio-fuga a Hong Kong, e poi a Macao. Colpo di scena finale. No: torsion de l'intrigue.
Le prime trenta pagine dell'intrigo costituiscono il racconto perfetto, che però l'autore fa diventare un romanzo. E dall'inquietudine si passa al raccapriccio.
Per chi ha letto tutto Carrère, è un
libro imperdibile. Per chi ancora non ha letto nulla, il titolo migliore per cominciare. Intanto c'è chi sorride sotto i baffi, chi si liscia i baffi, chi se ne fa un baffo... Consiglio: non tagliateveli senza un testimone.
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