L'ideologia dei diritti fa a pezzi la libertà

Douglas Murray smaschera chi, fingendo di difenderle, imbriglia le nostre conquiste

L'ideologia dei diritti fa a pezzi la libertà

La democrazia liberale si basa sulla difesa dei diritti dell'individuo. Nessuno lo sa meglio di Douglas Murray commentatore politico britannico di orientamento conservatore e dichiaratamente gay. Murray, una delle firme di punta della rivista The Spectator e tra i fondatori del think tank «Centre for Social Cohesion», ha combattuto una lunga battaglia, giusto per fare un esempio, contro la penetrazione strisciante, in Europa e in Gran Bretagna, delle idee del radicalismo islamico che minano il concetto di parità tra i sessi o la libertà sessuale. Quindi risulta evidente che difficilmente le sue idee sull'omosessualità o sul razzismo (per esempio, in questi giorni ha criticato le modalità con cui si svolgono le proteste di Black Lives Matter: perché i manifestanti - si è chiesto - sono esentati dal rispettare la distanza prescritta dalle norme anti virus, mentre noi siamo stati costretti al lockdown?) possono essere tacciate di essere oscurantiste. Eppure nel suo saggio appena tradotto in italiano per i tipi di Neri Pozza - La pazzia delle folle. Gender, razza e identità (pagg. 288, euro 18) - la critica su l'imperversare delle tematiche Lgbt è ad alzo zero. Ovviamente Murray, come tutti i liberali, è assolutamente a favore della diffusione e della difesa dei diritti individuali. Lo è molto meno però sulla diffusione di posizioni ideologiche o sul creare una campagna permanente che, più che consolidare diritti acquisiti, li frammenta e tende a trasformarsi sempre di più in una sorta di bavaglio alla libertà di espressione. Facendo sua una frase di G. K Chesterton - «Il tratto specifico del mondo moderno non è il fatto che sia scettico, ma che sia dogmatico senza saperlo» - mette il dito in tutte le contraddizioni in cui la presente ideologia dei diritti ci sta ficcando.

La prima secondo Murray è questa, la società occidentale ha fatto una rapidissima e lodevole corsa per la diffusione delle libertà dei singoli. Ora è in una fase in cui dovrebbe consolidarle. Ma da un lato fraintende le minacce, per esempio tralascia quella dell'islam radicale, dall'altro urla continuamente al lupo al lupo se qualcuno si permette di sostenere tesi del tutto normali. Come puntualizzare i rischi connessi ad autorizzare pratiche quali l'utero in affitto, sostenere la differenza fisica tra maschi e femmine o il fatto che i ruoli genitoriali tradizionali siano ancora validi e abbiano, quantomeno dal punto di vista della storia, una maturazione di lunga data che quelli delle famiglie omosessuali non hanno. Sostenere queste idee o soltanto volerle discutere, ora come ora, provoca automaticamente un vespaio che si conclude facilmente a colpi di accuse di omofobia. Quindi la difesa, settaria e acritica, di certe libertà ha come risultato immediato non quello di rafforzarle ma di mettere la mordacchia anche a chi, pur dandole per acquisite, cerca di ragionare sui loro limiti (perché ogni libertà deve avere anche dei limiti).

Il risultato secondo Murray è che «i Paesi più avanzati in tutte queste conquiste sono quelli che ora vengono presentati come i peggiori». Non è solo una questione di immagine. Questo modo di procedere crea dei paradossi, come le riscritture della Storia per renderla politicamente corretta, crea un cortocircuito che mina la politica. Ancora Murray: «È come se all'aspetto indagatore del liberalismo si fosse sostituito un dogmatismo liberale... è per questo che ora quelli che sono i frutti dei diritti vengono presentati come se ne fossero le basi». E questo crea processi di accelerazione incomprensibili per la maggior parte della popolazione che vengono, inevitabilmente, trasformati in politica, e sfruttati da partiti di sinistra o presunti tali. Qualche esempio tra i tantissimi portati da Murray.

Se un gay dichiarato come Peter Thiel (il cofondatore di Pay Pal) decide di appoggiare la campagna elettorale di Trump c'è chi si sente in dovere di precisare che: «Peter Thiel ci mostra che c'è differenza fra il sesso gay e il gay». O si è gay come pretendono i gay politicizzati oppure non lo si è abbastanza. Esattamente come è diventato un dogma dire che gay si nasce, anche se la comunità scientifica non ha affatto le idee chiare su quando e come si fondi l'identità sessuale delle persone. Ma il dibattito viene rimosso perché si teme che il pensare che essere gay sia un fatto fluido possa far venire in mente a qualcuno di poter «curare» i gay.

Ovviamente Murray invita a depoliticizzare tutte queste questioni e a valutarle tornando a porre la libertà, ma quella di tutti, in primo piano. Senza costruire ghetti ideologici, gestiti da censori, per cui è fondamentale imporre al prossimo un'ideologia queer che annulli tutte le differenze.

Come invita a tener presente che le battaglie per i diritti bisogna avere il coraggio di sostenerle in quella parte di mondo dove i diritti non ci sono, non limitarsi a far polemica dove invece ci sono. Ma difficilmente la sua voce controcorrente sarà ascoltata.

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