Cultura e Spettacoli

"L'immaginario di un Paese? Lo crea la narrativa popolare"

Compie 20 anni la Fondazione che a Senigallia custodisce 60mila riviste e libri gialli, horror, rosa. Parla il fondatore

"L'immaginario di un Paese? Lo crea la narrativa popolare"

Giallo, nero, rosso, verde, bianco, blu, rosa. La letteratura popolare ha molti colori che la contraddistinguono e identificano i vari generi in cui si articola: il poliziesco, l'avventura, il fantastico, il sentimentale, l'orrore, il western, l'erotico, la fantascienza. Spesso i suoi appassionati sono interscambiabili, ma riescono con difficoltà a trovare libi, collane, periodici di questo loro interesse del passato lontano e lontanissimo, spesso anche vicino: bancarelle e librerie dell'usato rimediano sino a un certo punto. Eppure esiste in Italia un luogo specifico che riunisce tutto ciò. Possibile? Possibilissimo. Incredibile ma vero, a Senigallia ha sede da vent'anni la Fondazione Rosellini per la Letteratura Popolare (www.fondazionerosellini.eu), un istituto privato senza scopo di lucro, che possiede e mette a disposizione del pubblico e degli studiosi un fantasmagorico patrimonio di oltre 60mila fra libri e testate, oltre centinaia e centinaia di disegni spesso in originale, frutto di munifiche donazioni, come quella della famiglia di Carlo Jacono, storico illustratore delle collane da edicola della Mondadori. L'ultima fatica della Fondazione è un magnifico volume illustratissimo di grande formato dedicato alla Protofantascienza italiana, sottotitolo: «Dagli anni '80 del XIX secolo agli anni '50 del XX secolo. Salgari, Yambo, Motta e gli altri» (pagg. 136, euro 35). A creare questa straordinaria iniziativa, unica nel suo genere in Italia, è Adriano Rosellini.

Rosellini, come mai a un ex magistrato è venuta in mente una idea così fuori dell'ordinario?

«Lettore vorace da sempre, a 18 anni, impastato di letteratura, con la maturità classica in una tasca e una borsa di studio per l'università La Sapienza nell'altra, mentre tutto mi spingeva all'iscrizione a Lettere e Filosofia, presi invece la decisione in un certo senso opposta, quella di andare a occuparmi delle contraddizioni e delle ire loquaci degli uomini, iscrivendomi a Giurisprudenza. Fu una scelta per la vita vera così spiegai a me stesso , dettata dal convincimento che altrimenti mai e poi mai sarei sfuggito al mio già chiaro destino di essere... un topo di biblioteca. Così, superata una quantità inverosimile di esami, fui giudice, nelle più varie funzioni, per quasi mezzo secolo. Ma la Letteratura non mi abbandonò: ad essa sempre tornavo nei tempi liberi da impegni di lavoro e famiglia: in quei tempi maturai l'idea così fuori dall'ordinario».

Secondo lei la narrativa popolare, nei suoi diversi aspetti , perché è tanto importante?

«Senza pregiudizio alcuno verso la letteratura alta, il mio interesse per quella popolare nasce dal convincimento che quest'ultima è quella che incide direttamente, per così dire in presa immediata, sull'immaginario collettivo di una nazione, un popolo, una generazione. Questo nesso fortissimo va preservato, anche conservandone con scrupolo e amore le testimonianze, nel '900 ancora cartacee: alla Fondazione e a me interessa mettere al sicuro le grandi riviste e collane popolari del XX secolo: che è l'opera intrapresa».

Gli scopi della Fondazione sono soltanto quelli di creare un archivio della letteratura popolare italiana?

«Assolutamente no. Lo scopo, oltre alla conservazione, è quello della valorizzazione. Mi esprimo con un solo esempio: negli anni abbiamo riportato all'attenzione di tanti un grande illustratore italiano, Carlo Jacono, con tre mostre e altrettanti cataloghi: quelli che restano».

La Fondazione ha delle sue specifiche pubblicazioni? E che iniziative attua?

«La Fondazione, dal 1998, ha pubblicato 31 libri, destinati precipuamente (ma non esclusivamente!) alla gioventù, privilegiando la letteratura italiana a volte dimenticata (Puccini, Anselmi, De Angelis...) e appunto l'illustrazione (oltre a Jacono, Caesar, Thole e il francese Robida); e mi piace ricordarlo Salgari, sia per i testi, sia per le illustrazione, dal 1940 a fine secolo».

Il nuovo volume pubblicato è Protofantascienza italiana. «Dall'Italia alle stelle». Il nostro Paese non ha nulla da invidiare alle altre nazioni in questo settore? Nella bibliografia finale si riportano 150 titoli di 90 autori diversi...

«Scusi, ma devo citarLa per forza, De Turris: dopo la sua antologia Le astronavi dei Savoia (Nord, 2001) non è più lecito ritenere che la letteratura popolare italiana abbia qualcosa da invidiare a quella di altre lingue e nazioni in materia di protofantascienza: senza inutili classifiche, la nostra letteratura popolare è straordinariamente ricca in questo campo di estrapolazione futurista e di immaginario scientifico-tecnologico. Col nuovo volume la Fondazione a voluto dare un suo contributo alla comune ricerca, approfondendo in modo particolare alcune figure di scrittori (Yambo, Salgari, Motta, Ciancimino...) attivi in questo ambito, e riservando una particolarissima attenzione ad un tema fin qui non specificamente esplorato: la protofantascienza a fumetti».

La Fondazione è molto attenta alla fantascienza. È una passione del suo fondatore?

«Sì, lo confesso: è una mia passione, rivolta soprattutto a quella che negli anni '60 e '70 veniva indicata come fantascienza sociologica.

Oggi, forse, dominano altri interessi e temi: ai quali restiamo aperti, naturalmente».

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