E adesso si tratta di trovare un sovrintendente con il cuore che batte per la Scala. Un neo patriota per cui il Piermarini sia il sogno di una vita e non un arretramento al di qua delle Alpi in attesa di ritorno trionfale a Parigi. Stéphane Lissner fa rotta verso casa e non riesce a nascondere la gioia per il futuro incarico di direttore dell'Opéra, anche se questo significa risolvere il contratto con la Scala nel 2015. Due anni prima del previsto e in un anno fondamentale per Milano, che ospiterà l'Esposizione universale, con milioni di visitatori in arrivo da tutto il mondo.
«È un onore che mi fa il mio Paese e una grande responsabilità che mi dà. Ma mi sento pronto ad accettare questa sfida», annuncia Lissner con testa e voce già a Parigi, in un'intervista a Le Monde, che arriva nel giorno in cui diventa ufficiale ciò che nell'ambiente del teatro era diventata da tempo certezza. Ieri mattina a dare l'annuncio è stato il ministero della Cultura francese: rien ne va plus, la Scala ha un sovrintendente in condivisione con l'Opéra. Lissner affiancherà il direttore uscente, Nicolas Joel, cominciando a prendere contatti con gli artisti per i cartelloni a partire dal 2016.
Tutto regolare, regolarissimo. Colpo di teatro e copione prevedibile, per tutti ma non per la Fondazione Scala, guidata dal presidente Giuliano Pisapia, che al sovrintendente francese ha recentemente rinnovato il contratto con un compenso che è molto al di sopra di quel che guadagnano i suoi colleghi di tutta Europa, Francia compresa. Il costo di Stéphane Lissner per l'azienda è di oltre un milione di euro l'anno. Una somma che rimarrà nei bilanci fino al 2015, quando l'imprenditore teatrale francese si avvarrà di una clausola del contratto, che scade nel 2017, ma che proprio nel 2015 permette alla Scala e a Lissner di rinunciare ai due anni successivi senza che nessuna delle due delle parti abbia niente da pretendere dall'altra. Come dire, un lodo Opéra.
Una bella grana per la giunta della sinistra radicale che guida Milano e che già in passato è stata oggetto di critiche per lo stipendio d'oro di Stéphane Lissner. In tempi di crisi economica, tagli ai bilanci e sacrifici pesanti richiesti anche ai musicisti e ai dipendenti, per non dire ai cittadini che non lavorano alla Scala, insomma in questo momento difficile, giustificare emolumenti, benefit e trattamenti pensionistici invidiabili nell'intero continente è sempre più arduo, ai limiti dello scivolone politico. E non sarà d'aiuto il doppio incarico, fino al 2015, che da oggi in poi ricopre un soddisfattissimo Lissner. Ieri il sindaco Pisapia ha assicurato che la scelta del nome da affiancare verrà fatta entro il 2013: dunque per uno o due anni bisognerà versare un doppio stipendio. Comunque, quasi a consolare i milanesi traditi per i parigini, Pisapia aggiunge: «Lissner si è impegnato a lavorare con noi fino alla fine del 2015 quindi Expo compreso».
Così continua anche il totosuccessore e le voci di platea fanno riecheggiare tutti nomi italiani, non solo per l'uscita di scena alla francese del sovrintendente, ma anche perché in questi sette anni non sono mancati autorevoli esponenti della cultura che lamentavano scelte esterofile o almeno non sufficientemente rispettose del primato musicale italiano. La Scala, prima ancora che un teatro per melomani iniziati, è un tempio in cui si riflette e si costruisce l'identità nazionale. E anche un luogo di conservazione e valorizzazione del nostro patrimonio musicale. Detto in modo più concreto, si avverte una grande nostalgia dei nostri amati compositori.
Veniamo ai nomi. C'è chi parla di un interim del vicepresidente, Bruno Ermolli, o di Francesco Micheli, anche lui membro del consiglio d'amministrazione. C'è poi la scelta tecnica di Salvatore Nastasi, dirigente del ministero dei Beni culturali, o di Walter Vergnano, sovrintendente al Teatro Regio di Torino, o dell'ex sovrintendente Carlo Fontana, amministratore del Teatro Regio di Parma. Non mancano le donne in corsa.
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