Cultura e Spettacoli

L'omosessualità secondo Baget Bozzo

Don Gianni affrontava il tema dal punto di vista teologico (il gender non c'entra)

L'omosessualità secondo Baget Bozzo

Il tema dell'omosessualità è stato uno degli interessi costanti di Gianni Baget Bozzo: ha attraversato la sua riflessione, riapparendo in momenti particolari dettati dalla cronaca ecclesiastica e politica. Non è stato un tema dominante in essa, né è mai stato elaborato concettualmente, eppure don Gianni richiama sempre alla necessità di porlo, per la Chiesa e i cristiani, su un piano teologico, metafisico, e non moralistico. Ed è già questa una delle differenze palpabili rispetto all'impostazione dell'attuale pontefice, rispetto al quale non senza qualche ragione Luigi Accattoli, che ha curato la raccolta Per una teologia dell'omosessualità (Luni, pagg. 144, euro 18), fa di Baget Bozzo quasi un anticipatore. Rilevante è poi, per un sacerdote considerato volubile culturalmente non meno che politicamente, la sostanziale continuità e stabilità del giudizio attraverso gli anni. La distinzione da tener ferma per lui è quella fra omosessualità e sodomia: «La tradizione biblica ed ecclesiale ha condannato la seconda, ma non ha affrontato il delicato problema sollevato dalla prima».

È all'omosessualità «di natura», di chi cioè non ha scelto la propria condizione, e a cui perciò non può essere applicato il principio di responsabilità, che Baget Bozzo rivolge la sua attenzione. Facendone discendere come conseguenza la posizione del discorso su ulteriori due piani, oltre quello ecclesiastico: il piano speculativo, di una riflessione, che manca in seno alla Chiesa su questo tema, di antropologia filosofica, cioè relativo alla «natura umana»; il piano pratico, che impone allo Stato di tutelare giuridicamente le unioni fra gay. Le quali possono essere solo civili, non potendosi estendere a loro quelle in seno alla Chiesa né l'ammissione al sacramento del matrimonio né all'adozione di figli attraverso la cosiddetta «maternità surrogata» (e alla loro educazione).

È indubbio che qui le somiglianze con Francesco ci siano, ma forse sono solo di facciata. Pur essendo di pochi decenni fa, queste pagine, si pensi a quelle sul Gay pride romano del 2000 stigmatizzato dal Pontefice di allora e difeso dal vulcanico sacerdote ligure, sembrano appartenere ad un'altra epoca. Oggi, infatti, il movimento dei diritti si è radicalizzato, estendendosi ad altre diversità e diventando Lgbt, e soprattutto è diventato un'ideologia che include ed esclude non meno dei vecchi bigottismi a Baget Bozzo invisi. Più che l'emancipazione dei gay, quello che sembra essere messo in gioco è il concetto stesso di «natura umana». Piuttosto che all'individualità e allo specificità del singolo «figlio di Dio» a cui guardava don Gianni, l'interesse è a promuovere e imporre una teoria del gender che, annullando ogni differenza specifica, tende a ridurre l'uomo a «materiale umano».

E quindi a farne «oggetto», facilmente preda di ogni tipo di Potere, casomai senza accorgersene e credendo anzi di essere libero ed emancipato: politico, economico, etico, culturale.

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