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L'ultimo compleanno di Dalla: sinfonia senza note esagerate

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L'ultimo compleanno di Dalla: sinfonia senza note esagerate

Bologna - Vorrei subito rassicurare i vescovi, che avevano chiesto di non trasformare (anche) queste esequie in uno show: rischio scongiurato, niente di tutto questo. Ci sono migliaia e migliaia di persone, dentro San Petronio e in piazza Maggiore, qualcuno dal conteggio facile parla di sessantamila presenti, ma comunque in questa marea non c’è nulla che ricordi certi circhi equestri di tanti funerali coi lustrini. Solo affetto e malinconia, mestizia e rimpianto. Non ci sono scoppiati con la cresta fosforescente sopra la testa, nessuno sguardo stralunato dagli acidi, zero piercing nelle zone più improbabili dell’anatomia umana. Se una particolarità emerge sopra tutte le altre, è il dolcissimo megaraduno dei fidanzati d’Italia: fidanzati di ieri e dell’altro ieri, quelli che hanno cominciato a pomiciare con stella di mare tra le lenzuola e adesso ancora si tengono per mano intrecciando le dita, come allora, lungo le spiagge d’agosto, tutti questi mescolati ai fidanzati di oggi, innamorati sulle note intramontabili di un Lucio Dalla che credono giustamente loro.
È il 4 marzo 2012, giorno del suo 69esimo compleanno, ma nessuno mai si sognerebbe di considerare quest’ometto inesauribile e vitalissimo un anziano. Dalla un anziano? Certo rughe ne aveva, capelli veri non ne aveva più da tempo, ma quell’anima, diamine, era ancora giovane e fresca come l’anima dei teen-ager. Saperlo dentro quella bara, mentre un applauso immane lo accompagna verso la basilica, appare un’ingiustizia crudele, come se toccasse a un giovane ragazzo portato via troppo presto. È per questo che anche Lucio, nonostante i 69 anni sfiorati di un niente, beneficia del dolore e dei sentimenti che soltanto una morte precoce assicura. A salutare questo ometto senza età sono arrivati tutti, politica compresa, Montezemoli compresi. Inizialmente provo a tenere almeno la lista dei colleghi, cominciando da Arbore, Ligabue, Renato Zero, Jovanotti, D’Alessio, ma quando arrivo a Paolo Mengoli, Sandro Giacobbe, Alberto Fortis, Shel Shapiro, sì, allora comprendo che questo è uno di quei funerali in cui si fa prima a dire chi manca: cito Celentano, ma soprattutto De Gregori, il sodale dell’ultimo tour in coppia.
«Buon compleanno Lucio»: così, con un velo di mesta ironia, lo saluta il suo confessore, padre Bernardo Boschi, salito al pulpito per l’omaggio più intimo. Ricorda l’amico senza enfasi e senza retorica, parla del Lucio che oggi, qui, direbbe a tutti «state sereni», del Lucio che a questo mondo di rancori, urla ed esibizionismi contrapponeva l’arte della semplicità e dei silenzi, del Lucio maestro di leggerezza profonda, o di profondità leggera, alla continua e instancabile ricerca di Dio. Applausi. Qualche sana lacrima.
Potenza di quest’ometto: San Petronio aveva aperto le porte nel ’96 per il funerale di Dossetti, padre nobile e spirituale di Bologna, soltanto ora le riapre per un giullare della musica. Mentre i preti celebrano il rito, la città è ferma. C’è un pallido sole sopra il centro storico, i primi tepori riscaldano la piazza. Sono caldi anche i cuori. Il più bel ricordo di popolo me lo detta la signora Elena, una giovane coetanea di Lucio, con la sua bella pelliccia della domenica e il suo bel rossetto rosso lucido: «Era bizzarro, eccentrico, imprevedibile, ma era una persona pulita, ricca, perbene. Una persona troppo intelligente». Poco più in là, una ragazza che arriva da Perugia: «Ha sognato e ha vissuto come gli è piaciuto. Non piangiamo solo un cantante: piangiamo un modo particolare d’essere artista. È riuscito ad essere davvero se stesso fino in fondo».
Non siamo al delirio collettivo e ai fenomeni di fanatismo demente, tipo esequie di Michael Jackson. In piazza Maggiore non echeggiano strilli disumani e pianti isterici: solo tanto, palpabile, vero dispiacere. È struggente e inspiegabile accorgerci di quanto grande adesso sia il vuoto. Tutti eravamo abituati ad avere Dalla sottomano, nei dischi, nei teatri, in tv. Era persino all’ultimo Sanremo e sembrava scontato che fosse lì. Un’idea acquisita. L’avevamo sempre sotto gli occhi come un soprammobile caro e amato che sta sulla mensola preferita, ma che alla lunga nemmeno vediamo più. Per capire quanto quel soprammobile ci sia caro e amato, basta solo che qualcuno lo sposti. Notiamo subito quanto manca. Notiamo subito il vuoto.
Sulla mensola migliore della nostra vita, manca l’ometto giocherellone e poeta. Mentre la folla dei devoti applaude la sua uscita dalla chiesa, dove soltanto sette giorni prima era entrato per la messa della domenica, tutti realizzano che niente però termina qui. Come ha scritto Dumas, per gli uomini grandi morire è passare dal tempo all’eternità. Certo Dalla si sta godendo questo viaggio (e prima di essere sepolto ha fatto un giro sulle colline bolognesi). Ciao Lucio. Noialtri, lasciando la tua piazza, possiamo solo guardare avanti, come avresti chiesto tu, come facevi tu, sognando sempre un’idea di domani. Ci proveremo ancora.

E se sarà una femmina si chiamerà Futura.

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