Mengoni vola alto: "Il mio disco rivoluzione nato sull'oceano"

In «Atlantico» un brano per Muhammad Alì. E Celentano fa un cameo ne «La casa azul»

Mengoni vola alto: "Il mio disco rivoluzione nato sull'oceano"

Prima si ferma all'improvviso, poi si commuove e gli occhi luccicano. Marco Mengoni presenta un disco nato dopo oltre due anni di viaggi, riflessioni, autocritiche: «Si intitola Atlantico perché due anni e mezzo fa mi sentivo molto scarico e, per cercarmi input nuovi, ho fatto tanti viaggi, sorvolando tante volte il secondo oceano più grande al mondo». Dagli autostop a Cuba agli aeroporti degli Emirati Arabi. Dalla solitudine di New York alla scoperta della Tanzania. «In Portogallo ho iniziato ad amare il fado, musica straziante e malinconica. È il canto delle donne che in riva al mare vedevano partire i propri uomini senza sapere se sarebbero tornati. E un giorno ero sulla spiaggia di Lisbona e me le immaginavo... Perciò nel brano Amalia ho chiesto la collaborazione di una regina come Vanessa Da Mata e dei Selton». Dunque oggi esce in mezzo mondo (in italiano e in spagnolo) il disco che per Marco Mengoni rappresenta un passo avanti, e oggi capita sempre più raramente. Ad esempio in Atlantico ci sono parecchie collaborazioni «e non era mai successo che collaborassi con altri per brani inediti». In Hola (I say) c'è la superstar Tom Walker che «ormai è mio fratello, gli ho lasciato la massima autonomia e ne è uscito fuori un Frankenstein composito e bellissimo». E nella bellissima La casa azul a un certo punto spunta la voce nientepopodimeno di Adriano Celentano, che entra all'improvviso, e con entusiasmo, nelle parole ispirate dalla vita di Frida Kahlo: «Senza di lui forse non sarei stato in grado di dare profondità a questo brano». Oltretutto, attenzione, non è un featuring, ma è un cameo perciò è citato soltanto nei ringraziamenti di questo disco che esce con cinque copertine diverse da collezione. In fondo stavolta «l'operazione Mengoni» è una sorta di kolossal pop.

Il disco ieri è stato presentato nella Torre Velasca di Milano, dove ogni canzone è stata presentata in stanze coreografate e scenografate per spiegarne il significato. Un'iniziativa probabilmente unica. Come quantomeno rarissima è l'idea di accompagnare la pubblicazione del disco a una sorta di festival milanese, l'Atlantico Fest, con incontri, mostre e dibattiti come quelli con Martina Capriotti (oggi alle 10 all'Ostello Bello Grande) e Giovanni Chimienti (domani alla stessa ora) due biologici marini di National Geographic che è partner di questo gigantesco «progetto» come lo chiama lui.

In effetti non esagera.

Ci sono tante sfumature, in questo Atlantico, e spesso vanno oltre la musica o la collaborazione di prestigio (in scaletta ci sono anche i produttori Rudimental, El Guincho e Takagi & Ketra, per dire). «Mi sono sentito tante volte debole e ho avuto spesso paura nella mia vita, perciò ho guardato a chi non ha avuto paura», ha spiegato lui prima di presentare un brano decisivo, oltre che bello: Muhammad Alì. «Lui è un'icona che anche i giovanissimi dovrebbero conoscere, è uno che non ha avuto paura di scegliere. E poi era un'artista: ci sono tante sue interviste nelle quali praticamente rappa, forse è stato l'inventore del rap», dice sorridendo quando gli si fa notare che, più che rap, erano «dissing» ossia accuse o insulti contro qualcuno. In ogni caso, questo brano è quello che dà le coordinate di Atlantico insieme con Buona vita («Il miglior augurio che si possa fare») e la quasi conclusiva Dialogo tra due pazzi, che è un dialogo tra una persona e la voce che sente dentro di sé.

Perciò la nuova sfida di Mengoni va oltre la possibile (probabile) partecipazione come ospite al Festival di Sanremo e trasforma la propria musica nella colonna sonora di temi decisivi come bellezza, lentezza e condivisione che sono poi i cardini di un disco in movimento. Non a caso l'altra notte, lui ha cantato cinque brani a sorpresa dentro la Stazione Centrale di Milano appena chiusa, quindi dopo le due di notte: «Ho deciso di far partire quest'avventura da una stazione, che è appunto un luogo di partenza», ha spiegato ieri. Oltretutto, dal 27 aprile a Torino partirà anche il suo tour italiano (prodotto da Live Nation del bravo Roberto De Luca) che sta raddoppiando e triplicando date e che attraverserà anche l'Europa a più riprese.

«Sarà uno show particolare e spero di vedere presto come sarà il palco che ho pensato già tre anni fa», spiega lui che, dopo dieci anni, conserva ancora il candore entusiasta di chi ha appena debuttato e continua a emozionarsi con i sogni e le fatiche. Rarissimo, davvero.

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