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"La mia star in declino interpreta la solitudine della società di oggi"

Il regista di "Rimini" spiega la scelta di un luogo fuori stagione. "Come il tramonto di un uomo"

"La mia star in declino interpreta la solitudine della società di oggi"

Le atmosfere cui il regista e produttore viennese Ulrich Seidl, classe 1952, ci ha abituato nelle sue precedenti prove, da Dog Days a Import Export alla pluripremiata trilogia Paradise, si ritrovano in questo film, Rimini, arrivato due giorni fa nelle sale italiane dopo essere stato in concorso all'ultima Berlinale.

Vite al collasso, decadenza, fuori stagione emotivi che si incarnano in un fuori stagione reale, quello di Rimini, che Seidl ha scelto per la nemesi di Richie Bravo, il suo protagonista, interpretato da un Michael Thomas particolarmente credibile nel ruolo di una ex stella della musica tradizionale austriaca. Bravo è in un momento residuale della sua esistenza ed è un vinto: il suo tramonto professionale va in scena in alberghi desolati in cui groupies sessantenni lo attendono dopo il concerto, prima al bar e poi a letto. Nel privato di Richie c'è il recente funerale della madre, un padre che soffre di demenza e una figlia perduta. E sarà proprio Rimini, algida, caduca, sordida eppure epica nel farsi corpo dei rimpianti di una vita, il luogo di un incontro cruciale ma non risolutivo.

Come mai Rimini?

«L'ho scelta perché i miei genitori ci passavano le vacanze d'estate, negli anni Cinquanta. Mi rivedo ancora mentre gioco in spiaggia con mio fratello. È una vera ispirazione per le atmosfere che volevo ricreare, l'ideale. Il film doveva svolgersi d'inverno e volevamo che tutto, le spiagge, il mare, gli stabilimenti balneari, i bar, sparissero nella nebbia. Ma a novembre 2017 e per tutto quell'invero non accadde nulla di tutto ciò. Abbiamo dovuto aspettare un anno: e a quel punto abbiamo avuto non solo la nebbia, ma anche la neve. Mai così tanta neve a Rimini: la nostra gioia è stata immensa».

Il luogo cambia, si fa indistinto, fino a svanire. Che cosa rappresenta dunque questa città per il film?

«Credo in un mezzo filmico che consiste nel rappresentare un luogo nella condizione opposta a quella in cui siamo abituati a vederlo. Se volessi rappresentare il tema della distruzione tramite il turismo degli anziani d'inverno mostrerei l'estate; se andassimo nelle Alpi dopo lo scioglimento delle nevi vedremmo svelati tutti i peccati commessi lassù e le ferite che sono rimaste aperte. Nel caso di Rimini non richiamo alla memoria la Rimini che tutti conosciamo, ma l'esatto contrario: spazi vuoti, solitari, con cui arriviamo a raccontare, nel caso di Richie Bravo, le sue esibizioni come l'ultima ribellione prima che tutto sia finito. L'ambiente fuori stagione ci racconta la sua situazione: la sua carriera è arrivata al termine, lui cerca di mantenere le apparenze, ma noi capiamo che tutto sta finendo».

Alcune parti del film sembrano proprio un ritratto delle atmosfere pandemiche.

«Tutto il film è stato girato prima della pandemia, che è arrivata appena finita la lavorazione. Forse si è trattato di una premonizione. In ogni caso, la solitudine è un elemento caratteristico per la nostra società di oggi, nonostante tutta la comunicazione che riceviamo e tutti i mezzi che abbiamo per comunicare continuamente e con tutto il mondo, la solitudine si ingigantisce».

Nella storia sono comprese più generazioni: quale ritratto sociale ne esce?

«È un film su tre generazioni: il padre di Bravo, Richie, sua figlia. Richie rappresenta una tipologia di uomo in via di estinzione. Ciò tuttavia non vuol dire che le persone stiano diventando migliori. La nuova generazione, quella di sua figlia, rappresenta le richieste che ogni nuova età rivolge ai propri genitori: non replicare la loro vita, ma seguire altre priorità, altre visioni e oggi ne esistono molte più di quante ne possiamo immaginare. Il fidanzato arabo della figlia è anche lui una rappresentazione del mondo: con lui ho voluto mostrare che i cosiddetti stranieri, rifugiati o migranti, sono presenti, ma non hanno voce».

Molti sono rimasti scandalizzati o sorpresi da come lei rappresenta le fan di Richie: donne più anziane di lui che attendono di sfruttarne le prestazioni erotiche, piene di desiderio.

«Le fan femminili di una certa età hanno accompagnato la figura di Richie Bravo dalla sua nascita: sognano il loro idolo e ne hanno desiderio.

Chi attacca questo elemento del film non ha capito nulla delle persone: la vita non è ciò che i moralisti pensano che sia. Non esiste un modello o uno stampo per le persone. Esistono persone con le proprie possibilità e capacità e con i propri abissi».

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