In ogni caso, Enrico Ruggeri vuol dire qualità. Gli bastano poche parole per far capire com'è Alma, ossia il disco che esce oggi: «Non è un disco di Ruggeri senza i Decibel ma non è neanche il solito disco di Ruggeri». Ed è così: Alma ha un'energia asciutta che oggi è difficile sentire in giro. È un disco come si deve, fatto di canzoni, di citazioni e di musica «anche perché abbiamo abolito l'orrenda parola pre-produzione, non ci sono plug-in, campionamenti o altre cose del genere: giusto basso, batteria, una chitarra, o al massimo due, e la mia voce». Lo spiega bene il singolo che fa da biglietto da visita di questo disco, Come lacrime nella pioggia, che in radio spicca perché è semplicemente diverso da tutti gli altri brani che si ascoltano in rotazione. «Abbiamo lavorato per sottrazione, in controtendenza rispetto all'abitudine di oggi». E, in fondo, questo è sempre stato il suo marchio di fabbrica.
In più, Enrico Ruggeri, c'è un'altra novità: un duetto con Ermal Meta.
«E dire che io sono da sempre allergico ai duetti costruiti tanto per vendere copie. Però Ermal è uno dei quattro o cinque artisti che frequento. Sembra me negli anni '80, viene da una band e ha una voglia incredibile di scrivere. È venuto spontaneo chiamarlo per Un pallone».
Tra l'altro dedicato a Iqbal Masih.
«Il bambino pakistano, simbolo della lotta contro il lavoro minorile, che è stato ucciso nel 1995 a 12 anni».
Per scrivere bei testi, quanto conta leggere?
«Leggere significa anche imparare a disporre a proprio piacimento della lingua italiana. Molte canzoni oggi, specialmente rap, sono scritte senza aver letto nulla. Il punto debole è la povertà del lessico utilizzato da gente che non ha mai letto un libro in vita sua».
A proposito, un brano si intitola L'amore ai tempi del colera, proprio come il romanzo di Gabriel García Márquez.
«Scrivo di sensazioni forti».
Un verso recita: «Darei tutto ciò che ho avuto per un'ora, un minuto».
«L'ispirazione è naturalmente nell'epopea di Florentino, il protagonista del romanzo, che lavora tutta la vita per far successo e dimostrare al suo primo amore Fermina Daza di essere alla sua altezza. Certo, se l'avesse sposata subito, poi dopo poco si sarebbe ritrovato al bar con gli amici a dire che palle». (sorride - ndr).
Oggi i testi sono sempre meno «ispirati».
«Ho riso della polemica intorno al brano Rolls Royce di Achille Lauro. Se qualcuno scrivesse di uno studente indebitato che ammazza un'anziana signora, spunterebbe di sicuro chi pensa male. In realtà è la trama di Delitto e Castigo di Dostoevskij. Il problema non è di che cosa si scrive, ma di come lo si scrive».
In Alma c'è un nuovo chitarrista, Paolo Zanetti.
«E dopo 35 anni non c'è Luigi Schiavone. Zanetti è un fuoriclasse del 1977».
Una forza della natura. Con un suono personale.
«Mentre registravamo Forma 21, che sulle note del disco ho accompagnato alle parole di Laurie Anderson sugli ultimi istanti di Lou Reed, gli ho detto di suonare come se fosse George Harrison. E lui si è messo in gioco, tra l'altro molto bene».
In Alma c'è la grinta e c'è il romanticismo. Il Ruggeri «falco e gabbiano».
«Non a caso, nel tour che inizia con la data zero il 4 aprile a Chiusi alternerò concerti acustici a concerti elettrici» (a Milano sarà al Fabrique l'11 maggio - ndr).
A proposito, Ruggeri, cosa pensa della proposta leghista di trasmettere in radio un brano italiano ogni tre?
«Nasce dall'esempio francese, ma noi non siamo in Francia. Là c'è un complesso percorso culturale che qui non c'è. Oggi le radio passano generalmente musica brutta, che sia italiana o straniera.
Spesso ho l'impressione che sia stata scritta con il disperato desiderio di piacere, che è la negazione della forma artistica. Ve li immaginate De André o De Gregori che scrivevano i loro capolavori con l'obiettivo di farsi trasmettere dalle radio?».
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