Era un mito da tanti anni, Renato Sellani da Senigallia, dov'era nato l'8 gennaio 1926, perché per molto tempo quasi nessuno aveva saputo che era un autodidatta. Suonava il pianoforte con tocco e tecnica perfetti, stile improvvisativo incantevole su qualunque tema suo o di altri, non soltanto nell'àmbito della musica prediletta, il jazz. Pareva che le sue doti fossero il frutto di studi severi e di anni di conservatorio, ma non era vero. Diciamo piuttosto che era nato con quella musica dentro di sé. Suonare quei temi ogni volta con melodie, armonie e ritmi differenti gli veniva spontaneo e gli riusciva sempre bene.
Milano era da decenni la sua città di adozione. Qui se n'è andato ieri in modo conforme al suo mito, sia detto senza retorica. Ha tenuto il suo ultimo concerto di solo pianoforte il 13 ottobre scorso al Piccolo Teatro Studio e nello stesso giorno usciva per Ponderosa Music & Art il suo album di due cd, il primo dedicato a musiche di autori italiani e il secondo a compositori stranieri. Le mani di Renato erano quelle di sempre, e tali e quali le sue presentazioni dei brani, farcite di battute surreali. L'album si intitola Glad There Is You , «sono lieta che tu ci sia»: così Sarah Vaughan presentava Renato al pubblico durante una loro tournée. La celebre cantante è stata uno dei mille nomi illustri con i quali Sellani ha collaborato in settant'anni di concerti.
Nella sua discografia sconfinata sono rari i dischi di solo pianoforte, sebbene egli prediligesse i complessi piccoli - leggendario è il duo con il contrabbassista Massimo Moriconi - e il pubblico lo amasse assai in solo. Il motivo è evidente. Soprattutto in concerto, Sellani era un pianista colloquiale, tale da dare a ogni ascoltatore la sensazione di suonare soltanto per lui. Ecco le parole fondamentali scritte sulla copertina del suo primo disco solitario pubblicato a Milano nel 1968: «Renato Sellani pianista quaranta sigarette mani folli esaltano una musica sortilegio, un cambio con la vita, musica rassegnazione coraggio, pazzo e lucidissimo, questo largo respiro, figlio, anima del pianista Renato Sellani». Era un fraseggio scritto «ad sensum» con la punteggiatura volutamente fuori posto ma pertinente, perché Renato era proprio così.
Il vecchio amico Franco Cerri ha detto commosso: «Era un uomo con cui si stava bene, dalla vitalità trascinante». Anche lui ci mancherà tanto, troppo, in questo annus horribilis per il jazz italiano: basti ricordare il grande Giorgio Gaslini e l'insostituibile collega Vittorio Franchini.- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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