A conti fatti, il Festival entra in una nuova fase. Superate definitivamente le leggende sanremesi come Al Bano o Toto Cutugno, il cast del Sanremo 2019 è forse il più equilibrato degli ultimi anni. Ogni artista ha la propria storia. Qualcuna è da scoprire, specialmente per il grande pubblico, come quella dei genovesi Ex Otago che girano da anni la scena indie pop senza mai aver fatto il «botto» commerciale (al Festival avranno probabilmente un pezzo sulla Genova ferita). O come quella dei favolosi Zen Circus, autentici eroi alternativi che si sono sempre tenuti lontani dai grandi circuiti mainstream. Ma, nel complesso (e senza aver ascoltato le canzoni) ciascun concorrente in gara sulla carta è credibile per un pass all'Ariston. Non sempre è stato così.
In ogni caso, ieri sera la strana coppia Baudo Rovazzi ha incoronato su RaiUno l'ultima nuova proposta vincitrice di «Sanremo Giovani» (giovedì sera era toccato a Einar, tra ascolti non esaltanti) e ha concluso l'estrazione degli undici nomi dal «bussolotto» agitato da Sua Pippità. Il cast è quindi definitivo. Spiccano il confronto a distanza tra due signore del nostro pop come Loredana Bertè e Patty Pravo, che stavolta arriva in coppia con il talentuoso e ribelle Briga. Queste due lady della canzone italiana saranno anche protagoniste dei pettegolezzi che sempre ribollono intorno all'Ariston in presenza di personaggi controcorrente. Però di questa sessantanovesima edizione convince sulla carta il segnale che il direttore artistico ha voluto dare. Rinnovamento. E anche scommessa con un pubblico televisivo di RaiUno che magari sarà un po' disorientato ascoltando il cantautore Motta o il rapper «colto» Ghemon, che sono già star tra i giovanissimi ma non hanno ancora quella notorietà trasversale tipica dei grandi nomi pop. E anche i pugliesi Boomdabash hanno un bel pedigree: ad esempio il tormentone dell'estate è stato proprio quel Non ti dico no cantato dalla Bertè ma composto da loro. Ed è difficile avere obiezioni su Daniele Silvestri, incerto fino all'ultimo ma simbolo di qualità che a Sanremo non ha mai deluso. Idem per Nek e Francesco Renga, nessuno dei due annunciato dai rumors ma entrambi pezzi da Novanta su quel palco. Oltretutto, sono appena reduci dal tour insieme con Max Pezzali, che a questo punto è l'unico ad aver (quasi) sempre evitato il Festival. Chi l'ha vinto è Simone Cristicchi, atteso stavolta con un brano che dovrebbe portare in musica la sua lunga esperienza teatrale, diventando potenzialmente una sorta di teatro canzone 2.0. Vedremo, anzi ascolteremo.
E immaginatevi la sorpresa di tanti telespettatori quando si troveranno sul palco Achille Lauro, che non è un parente dell'armatore napoletano ma il nome d'arte del romano Lauro De Marinis, rapper dai testi spiazzanti. Lui è un simbolo di come la percezione del pop sia più che mai opposta tra genitori e figli. Per i figli è una sorta di nuovo vate della musica. Per i genitori spesso un emerito sconosciuto. Anche Nino D'Angelo, altro caposaldo della canzone non solo napoletana, ha deciso come Patty Pravo di mettersi a confronto: con lui ci sarà Livio Cori, 27 anni, rapper napoletano abbastanza noto a chi segue la serie Gomorra perché interpreta il personaggio di O Selfi. E se Irama è fresco della vittoria di Amici, arriva anche Ultimo che prova a seguire l'esempio di Gabbani, prima vincitore nei Giovani e poi l'anno dopo nei Big. A parte, ovviamente, nel cast c'è la «quota bel canto», rappresentata da Il Volo, che celebrerà proprio a Sanremo i dieci anni di carriera (sono nati a Ti lascio una canzone proprio all'Ariston), ed Enrico Nigiotti, terzo nel penultimo X Factor e vocalmente molto sicuro.
Oltretutto è ben rappresentata anche la «quota rosa», visto che partecipano pure Arisa (dicono con brano molto bello), Paola Turci (molto attesa) e Anna Tatangelo (molto paparazzata) oltre a Federica Carta con il rapper trentunenne Shade, reduce dal successo di Amore a prima insta. Infine il rock: a Sanremo stavolta è il momento dei Negrita e pochi come loro lo meritano. Insomma, un cast tosto e quadrato, molto più «alternativo» che sanremese vecchio stile.
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