Cultura e Spettacoli

"La musica ai David resti sempre al centro. Non come agli Oscar..."

Il compositore: "Se avesse vinto quest'anno, Morricone non sarebbe stato premiato in tv"

"La musica ai David resti sempre al centro. Non come agli Oscar..."

Andrea Guerra, si ascolta sempre più musica, ma la musica è sempre meno considerata.

«In effetti c'è il rischio che le musiche per i film, e la musica in generale, passino in secondo piano».

Agli Oscar la «miglior colonna sonora originale» è stata premiata prima dello show neppure fosse una categoria minore.

«Per far risalire l'audience, hanno detto».

Ci fosse stato Ennio Morricone...

«...non l'avrebbero premiato in pubblico, ci rendiamo conto?».

A proposito di autorevolezza, c'è Andrea Guerra. È un «compositore votante», nel senso che ha firmato alcune delle colonne sonore più ascoltate degli ultimi anni (da Le fate ignoranti a Don Matteo passando per Come un gatto in tangenziale e Hotel Rwanda con Joaquin Phoenix, Jean Reno e Nick Nolte) ed è pure un membro dell'Academy che vota per gli Oscar e boccia senza se e senza ma la decisione di eliminare dalla diretta la premiazione di categorie decisive come «miglior colonna sonora». Una (inutile) scelta fatta per gli ascolti senza immaginare che al benessere dello share avrebbe pensato Will Smith con il suo schiaffone politicamente scorrettissimo, altro che riduzione delle categorie. «Spero che alla cerimonia dei David di Donatello il 3 maggio (con Carlo Conti e Drusilla Foer - ndr) ci sia un'altra attenzione per la musica, non siamo a una fiera tv» dice facendo seguito alle parole rassicuranti di Piera Detassis. Sessant'anni, figlio di Tonino, prodigio di eclettismo e promotore dell'Acmf (Associazione compositori musica per film), Andrea Guerra ha lavorato con i migliori registi italiani, da Bertolucci a Tornatore a Muccino, ha pure scritto una canzone di successo (Gocce di memoria con Giorgia) e una sigla super pop, ossia quella del primo Grande Fratello. In sostanza, ha le carte in regola per parlare.

C'è un rischio concreto di sottovalutazione della musica anche in Italia?

«Direi di sì. In altri tempi, Umberto Eco parlava di coriandolizzazione ed effettivamente noi siamo tutti divisi in tante piccole parti tra social e vita digitale. C'è il pericolo di dare sempre meno importanza alla musica e al suo ruolo nel cinema».

Come è iniziato?

«Le multinazionali hanno travolto tutto, con conseguenze che avranno ripercussioni anche sul lungo periodo».

Oggi la musica è «liquida», si calcola a colpi di stream.

«Ho letto su Digital Music News che ogni stream frutta in media 0,00437 dollari per ascolto da dividersi tra autori ed editori. Anche se triplicasse, sarebbe poco lo stesso. Oltretutto...».

Oltretutto?

«A quanto risulta, la durata media dello stream varia tra gli 8 e i 16 secondi, un tempo brevissimo per valutare e capire il significato e la profondità di una musica».

In sostanza, c'è sempre meno interesse per la qualità e i dettagli di ciascuna composizione.

«Fino a pochi anni fa, era l'uomo che entrava nel mondo della musica. Ora è la musica che deve trovare spazio nella vita dell'uomo e in tutte le sue attività, in palestra, in cucina.... Il protagonista è lui e la musica gli gira intorno. Non a caso, oggi i dischi sono più che altro raccolte numerate di tentativi di singoli, non di brani inseriti in un racconto, in una storia. Come ha cambiato la musica, le nuove tendenze cambieranno anche il cinema, che intanto sta perdendo le sale. Ma non bisogna mai sottovalutare il pubblico, che deve restare sempre centrale».

Come?

«Cerimonie importanti come gli Oscar, o i David di Donatello in Italia, non devono diventare soltanto un programma televisivo. Tolgano il red carpet, piuttosto che le premiazioni per la musica che milioni di persone hanno ascoltato. In poche parole, se vogliono trasformare queste premiazioni soltanto in uno show tv, se lo facciano da soli senza coinvolgere chi al cinema dedica passione e lavoro».

A che cosa sta lavorando?

«Alla serie Django di Cattleya e alla colonna del nuovo film di Riccardo Milani che ha come titolo Buon viaggio ragazzi, ma forse non potevo dirlo (sorride - ndr)».

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