Cultura e Spettacoli

Musso, ma davvero la vita è come un romanzo?

Attraverso una rilettura del "mistero della camera chiusa", una riflessione sul mestiere di scrittore

Musso, ma davvero la vita è come un romanzo?

Quali sono le peggiori paure e le più terribili ossessioni che può vivere uno scrittore? Che cosa può minare nel profondo il suo spirito e la sua esistenza? È in grado un narratore di distinguere fra la realtà e la finzione? Questo sono alcune delle domande che si è posto lo scrittore francese Guillaume Musso per costruire il suo thriller letterario La vita è un romanzo (La Nave di Teseo), un romanzo che ama incastrare immaginari e citazioni letterarie, costruendo un mosaico in cui suspense e meditazioni sulla scrittura si mescolano. Una storia che spingerà i lettori a leggere altri libri e che evidenzia il piacere della lettura e la sofferenza di chi produce romanzi. Gli scrittori rischiano la dannazione, la persecuzione, la perdita della propria identità se decidono di sacrificarsi sull'altare della letteratura e rinunciano alla propria vita.

Ne sa qualcosa la riservata Flora Conway, protagonista del romanzo. In un articolo biografico immaginato da Musso scopriamo che Flora «pur senza mascherare la propria identità non è mai apparsa in televisione, non ha mai partecipato a una trasmissione radiofonica, e la sua casa editrice insiste nel diffondere l'unica e identica immagine che si ha di lei. A ogni pubblicazione di un nuovo libro, la romanziera si limita a rilasciare con il contagocce alcune interviste per email. La Conway ha più volte dichiarato di volersi affrancare dai vincoli e dalle ipocrisie legati alla notorietà». In un'intervista concessa al Guardian la scrittrice motiva la sua posizione «con il rifiuto di partecipare a un circo mediatico che personalmente esecra, e ha aggiunto che è proprio per sfuggire a un mondo del genere, saturo di schermi ma vuoto d'intelligenza che scrive romanzi. Una risoluzione che è peraltro condivisa da altri artisti contemporanei, come Banksy, Invader, il gruppo musicale dei Daft Punk e la scrittrice italiana Elena Ferrante, per i quali l'anonimato è un modo per porre in evidenza non tanto l'artista in sé quanto l'opera». Flora Conway si è convinta che «una volta pubblicato, un libro basta a se stesso».

Ma questa è solo l'immagine che vuol dare di sé e che ha costruito intorno a lei l'editrice Fantine de Vilatte. È lei che ha fatto di Flora un personaggio e che gestisce il suo rapporto pubblico. Lei che è convinta non solo di averla scoperta con La ragazza del labirinto ma che sostiene anche di avere costruito per lei il perfetto percorso editoriale. Ma da quando l'autrice di bestseller ha avuto una figlia qualcosa sembra essere cambiato nel loro rapporto. La scrittrice sembra volersi occupare della realtà e della gioia di essere madre piuttosto che spendere tempo nella scrittura. Lei stessa confessa: «Quando sono rimasta incinta di Carrie, la vita, per la prima volta, mi è parsa più interessante della scrittura. E una tale impressione è perdurata fino alla sua nascita. La vita vera, ora, mi catturava in maggior misura, perché sentivo di avere un ruolo più attivo da svolgere. Sentivo meno il bisogno di disimpegnarmi dalla realtà le priorità della mia esistenza erano mutate e che intendevo orientare le mie energie in direzione di mia figlia e non in direzione dei miei libri».

Ma qualcosa di tragico la sconvolgerà. Il 12 aprile 2010 Carrie Conway a soli tre anni viene rapita mentre gioca con sua madre a nascondino, nel suo appartamento di Williamsburg. E «il caso Carrie Conway» diventa un episodio di cronaca nera che «appassiona l'America». C'è chi ne parla come del «nuovo mistero della camera gialla», chi dice «una tragedia degna di Hitchcock», chi parla di «Agatha Christie versione 2.0», o chi evoca Stephen King pensando al nome della bambina...

Musso mette su pagina il racconto in presa diretta delle vicissitudini di Flora, mostra la posizione dei tabloid, riporta gli interrogatori di polizia subiti dalla donna. E la sua vita e quelle delle persone che ha incontrato viene «spolpata da avvoltoi» in cerca di elementi contro di lei. La sua editrice le suggerisce di usare la sua situazione drammatica come linfa rigenerante per le sue opere perché: «il dolore è il miglior carburante della scrittura. Un giorno, forse, arriverai a dirti che la scomparsa di Carrie è stata un'opportunità». Ma Flora sa che non è vero che la finzione tiene a distanza l'angoscia. E quando Guillaume Musso decide di spostare l'occhio narrativo su un altro scrittore come Romain Ozorski che vive a Parigi e che sta vivendo il trauma della separazione, scopriremo che è l'unico che possa in qualche modo aiutare Flora a ritrovare sua figlia.

E per i lettori sarà sorprendete vedere come la storia va avanti in un romanzo strapieno di citazioni che costruisce un'originale mosaico sulla scrittura. Come chiosa uno dei personaggi a poche pagine dalla conclusione de La vita è un romanzo: La realtà... La finzione... Per tutta la vita ho trovato la frontiera tra le due molto incerta. Niente è più vicino al vero del falso. E nessuno sbaglia più di chi pensa di vivere solo nella realtà.

Infatti, a partire dal momento in cui gli uomini considerano reali determinate situazioni, esse diventano davvero reali nelle conseguenze che comportano».

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