Arnaldo Pomodoro ha 93 anni e continua a fare progetti. Nel bilancio della sua lunga carriera, focalizza il periodo 1955-65, quello da cui tutto ha avuto inizio, con una grande mostra a Parigi, aperta ieri e che proseguirà fino al 13 giugno. Nella vecchia fabbrica di giocattoli diventata sede di Tornabuoni Art, opere mai esposte prima raccontano come nelle Tavole dei segni, nei Paesaggi, negli Orizzonti, nelle Estensioni vegetali e nei Bassorilievi matura la ricerca della tridimensionalità, che esplode nella Colonna del viaggiatore, nelle Sfere, nelle Aste cielari che raggiungono i 5 metri, nel Cubo e nella Ruota.
Maestro, perché ha voluto tornare alle origini?
«Non si può comprendere tutto il mio lavoro se non si tiene conto di questo periodo, in cui è prevalente l'uso della materia, sia per conquistarla tecnicamente, per dominarla e renderla leggera, sia perché non intravedevo ancora il passaggio successivo dalla superficie alla tridimensionalità. Il mio problema era di organizzare il segno in modo nuovo, più strutturato: ho cominciato allora a muovere le mie superfici piane, segniche e a curvarle fino a realizzare la prima Colonna del viaggiatore nel '59. Ho capito che la mia via era muovere la superficie, convessa e concava, con una mia serie di segni. Le Colonne del viaggiatore sono anche opere in cui ho avuto il primo incontro con l'elemento tecnologico, che però rimane sempre umanizzato, in un certo senso, mitigato».
Com'è nata l'idea di questa mostra?
«Dalla collaborazione tra la Fondazione Pomodoro, che conserva le mie opere, Tornabuoni Art che ha organizzato l'esposizione e il curatore Luca Massimo Barbero, che ha voluto approfondire questi anni meno conosciuti del mio percorso artistico, anche con un'importante pubblicazione. Sono felice di tornare a Parigi dopo le mie mostre del 1976 al Musée d'Art Moderne de la Ville de Paris, del 2002 nei Giardini del Palais-Royal e quella sempre della Tornabuoni del 2011. È importante che ci siano delle gallerie private che dimostrano ancora così grande impegno verso l'arte».
In questi anni lei lavorava con suo fratello Giò ed è anche un modo di ricordarlo.
«Sì, ho iniziato la mia stagione artistica con Giò e per anni è stato un vero sodalizio, uno scambio, un arricchimento tra di noi. Poi, ognuno ha seguito il suo personale richiamo, seguendo una strada diversa».
Quali di queste opere raccontano meglio le sue tappe artistiche?
«In mostra ci sono, per la prima volta nel loro insieme, le opere più rappresentative degli anni '55-65, in parte inedite, come i Bassorilievi in argento, piombo e bronzo, le Colonne del viaggiatore e la Sfera n. 1, del '63 e la Sfera n. 3 del '65, oltre ad alcuni lavori più recenti. La Ruota e il Cubo segnano l'inizio della ricerca sulle forme della geometria euclidea, la Grande tavola della memoria è quasi un quadro sculturale. La Colonna è un tema che ho sviluppato prima sul piano, a formare quasi un totem, un cippo e poi avvitato nello spazio, con una vera colonna che si confronta, mentalmente, con quelle antiche».
L'esposizione si chiude con alcune opere del 2010.
«Continuum è una serie di sculture recenti, in cui compaiono le grafie semplificate degli inizi. Approfondendo le origini del mio lavoro, ho creato una sorta di tracciato infinito con i codici e l'inventario di tutta la mia scrittura».
Lei che ha scavato nella materia per indagarne i segreti, che cosa crede di averci trovato?
«Il mio viaggiatore è all'eterna ricerca, non arriva mai. Per questo, i miei solidi sono insidiati dal continuo frazionamento dei segni, il vuoto-pieno sono come in lotta tra loro.
Nelle tavole metto tutto ciò che conosco, con un linguaggio segreto, di miti poetici e simboli privati. Rompo la sfera, forma perfetta e magica, per scoprirne le fermentazioni interne, misteriose e viventi, mostruose e pure. La distruggo e insieme la moltiplico. Ma il mistero rimane».- dal lunedì al venerdì dalle ore 10:00 alle ore 20:00
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