Nessuno vede le pellicole «di cui tutti parlano» il commento 2

di Alessandro Gnocchi
I film «di cui tutti parlano»? Se ne parla, appunto, ma pochi vanno al cinema a vederli. I «casi mediatici»? Interessanti per i giornali (incluso questo) ma snobbati dagli spettatori. Nel box office della stagione 2011-2012 pubblicata dal mensile Ciak, le pellicole che hanno «fatto discutere» rimediano una magra figura. Romanzo di una strage di Marco Tullio Giordana, che ha riacceso la polemica su Piazza Fontana e l'omicidio Calabresi, ha avuto la «bellezza» di 330mila spettatori e si piazza nelle retrovie all'81° posto con incassi poco entusiasmanti: circa 2 milioni di euro. Peggio è andato Diaz di Daniele Vicari, ricostruzione militante dell'incursione della polizia nella scuola genovese a drammatica conclusione del G8 del 2001. Il film riduce i fatti di quelle giornate al solo gravissimo epilogo. Per questo è stato al centro dell'attenzione. Eppure non sembra aver acceso gli animi della generazione che ha vissuto quei momenti. Spettatori: 304mila. Incassi: un milione e 950mila. E Terraferma di Emanuele Crialese, premiato all'ultima Mostra del cinema di Venezia e candidato italiano all'Oscar, lungamente dibattuto perché toccava il tema dell'immigrazione? Qualcuno ne lodò la presa di posizione contro l'ipocrita borghesia italiana; altri ne sottolinearono il carattere stereotipato e deprecarono le imprecisioni nel ricostruire la legislazione in materia. Ha spaccato la platea di cinefili ma non il box office, fermandosi al 91° posto (311mila spettatori per un incasso di un milione e 696mila euro). Un po' meglio ACAB di Stefano Sollima, storia di celerini votati alla violenza e a una solidarietà che sfocia nell'omertà. Si ferma comunque al 52° posto, con 452mila spettatori e quasi tre milioni di incasso. L'annata è stata disastrosa per tutti ma le mediocri performance di chi ha goduto di un forte traino sono indicative di una grande distanza tra film d'autore (non solo quelli «politici») e pubblico. I dati mostrano che anche il cinefilo diserta i cinema. Forse sarà a causa della crisi.

Oppure perché non trova prodotti di suo interesse: d'altronde perché andare in sala a farsi indottrinare sugli anni di piombo o sull'accoglienza ai clandestini? Viviamo in un'epoca poco devota all'ideologia e stanca di certe riletture a senso unico del passato. Alcuni registi italiani non se ne sono accorti.

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