Cultura e Spettacoli

La nostalgica Norah Jones che ama Billie Holiday

Il nuovo album "Little broken hearts" è il suo disco più dark e introverso. "Il successo? Mi ha reso solo più libera"

La nostalgica Norah Jones  che ama Billie Holiday

Piccolina com’è, neppure ti aspetti che abbia una voce così pro­fonda. Forse per questo nelle inter­viste la dosa, la amministra, rispon­de senza esagerare alle domande e alla fine delega alla musica tutti i compiti di rappresentanza. Detto, fatto: il due maggio esce Little bro­ken hearts , il nuovo disco di questa signorina poco più che trentenne così brava da essersi ormai annoia­ta di spiegare che sì, suo padre è il leggendario suonatore di sitar Ra­vi Shankar, ma che no, non hanno più rapporti al punto che lei ha vo­luto togliersi persino il cognome.

Non glielo chiede più nessuno,Fa­bi­o Fazio compreso che l’ha ospita­taieria Che tempo che fa . Ormai No­rah Jones fa corsa a sé, musica e ci­nema, jazz e country e folate di rock di fianco a Wong Kar Wai che l’ha voluta sul set de Un bacio ro­mantico , anno di grazia 2008. Do­po qualche pellegrinaggio. «Ma non ho in programma di fare altri film» spiega lei seduta sul divanet­to di una albergone del centro.

Adesso si parla di Little broken he­arts che «è il disco più dark che ab­bia mai fatto, e forse il primo che ab­b­ia davvero un filo comune tra i te­sti: la fine e la rinascita dell’amo­re ». Glielo ha confezionato Dan­ger Mouse, che al momento è il pro­duttore dalle uova d’oro e che l’ha già voluta in Rome , disco strava­gante e azzeccato dell’anno scorso impegnato a ridisegnare (con Da­niele Luppi e Jack White) qualche colonna sonora di Ennio Morrico­ne. «È vero, i dischi dopo Come away non hanno avuto lo stesso successo ma mi hanno fatto un grande regalo: sono libera». In ef­fetti si è tolta tutte le soddisfazioni che le sono passate dal­la mente, persino inven­tarsi la band Little Wil­lies, con i quali a genna­io ha pubblicato il se­condo disco, oppure duettare con Foo Fi­ghters o Willie Nelson o Belle & Sebastian in quello che è uno dei gre­atest hits più divertenti degli ultimi tempi. Cer­to, come spiega natural­mente in poche parole, «il succes­so ha un prezzo e quello che devo pagare io è di essere sempre impe­gnata e di non potermi prendere mai neanche una pausa».

A dire il vero, lei dice che «io sono qui» (sul divano a fare un’intervista) men­tre gli altri sono a spasso a godersi la domenica pomeriggio. Ma il sen­so è lo stesso: ho fatto tante rinun­ce. Tanto più adesso, che partirà il tour (il 14 luglio sarà al Summer Fe­stival di Lucca) e che per un anno e passa Norah Jones tornerà a casa giusto il tempo di disfare le valigie e riprtire subito. Forse per questo di­ce «avrei voluto vivere negli anni Sessanta. Anzi no, negli anni Qua­ranta. No, meglio i Cin­quanta », insomma tut­ti periodi­durante i qua­li si viaggiava molto me­no e si ascoltava il jazz nascere.

«I miei preferi­ti sono John Coltrane e Billie Holiday, ascolto poca musica nuova»,ta­glia corto lei prima di sorprendere tutti spie­gando che «appena pos­so metto su un disco di Neil Young».

In fondo questo è il senso dei nuovi protagonisti del jazz: la contaminazione, la trasver­salità interpretativa e compositi­va, la voglia di saltare le barriere e regalare solo happy pills, pillole fe­lici (come guardacaso si intitola il suo nuovo singolo).

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