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"Outside the Wire": tipico esempio di "wannabe cinema" alla Netflix

Un pilota di droni e un soldato androide devono salvare il mondo da una minaccia nucleare. Azione, fantascienza militare e dilemmi filosofici si alternano alla rinfusa in un film dimenticabile

"Outside the Wire": tipico esempio di "wannabe cinema" alla Netflix

Questa settimana la nuova uscita targata Netflix Original è Outside the Wire, film di cui non stupisce sia passata abbastanza in sordina la data d’uscita (ossia oggi).

Se non fosse per la presenza di Anthony Mackie, celebre in quanto interprete di Falcon nella saga degli Avengers, infatti, e per la mancanza in questi giorni di altre proposte inedite significative, quest’opera fanta-bellica piuttosto approssimativa passerebbe sotto silenzio.
Il regista, lo svedese Mikael Håfström (“1408”, “Escape Plan”), punta su un incipit ad alto tasso d’adrenalina in cui si è nel bel mezzo di uno scontro militare. A definire coordinate temporali e geografiche sono frasi in sovraimpressione che informano lo spettatore che siamo nel 2036, in Europa orientale, durante una guerra civile che vede anche la presenza di truppe statunitensi dotate di soldati robotici. Nel pieno dell’azione, Harp (Damson Idris), un pilota di droni statunitense, disobbedisce a un ordine diretto e lancia un attacco che porta alla morte due soldati e ne salva altri trentotto. Caduto in disgrazia e sottoposto alla corte marziale, è poi spedito in una zona ad alto rischio in cui, assieme ad un ufficiale androide (Anthony Mackie), dovrà fermare Viktor Koval (Pilou Asbæk), un signore della guerra in possesso di un dispositivo che potrebbe distruggere il mondo.

Variante annacquata di Terminator, il prototipo dall’esistenza secretata, metà uomo e metà robot, che fa da coprotagonista, serve da espediente narrativo per porre le solite domande sull'intelligenza artificiale. Esteticamente indistinguibili dai commilitoni organici, queste macchine da guerra potrebbero essere inarrestabili non soltanto grazie alla forza fisica, suggerisce la trama.

Ci sono domande sottintese circa cosa renda tale una persona: se sia la capacità di provare emozioni, il sentire dolore o l’essere senzienti e ribelli. Si accenna a come l’integralismo morale confini talvolta col delirio di onnipotenza. Eppure l’ambizione del film di filosofeggiare su temi importanti è abortita sul nascere, tale è la maniera scolastica e poco brillante di porre certe questioni senza sfoderare uno straccio di argomentazione.

“Outside the Wire” inanella una serie di cliché e finisce inevitabilmente col richiamare molti altri titoli dello stesso genere. La noia è evitata grazie a sfumature thriller, esplosioni, combattimenti, suggestioni fantapolitiche e ad una colonna sonora che cerca di attribuire solennità, ma i personaggi restano abbozzati, in particolar modo il villain di turno, assolutamente monodimensionale.

L’augurio è che “Outside the Wire” regali un paio di ore di distrazione per poi cadere nell’oblio: messi come siamo, ci manca solo di interiorizzare l’ipotesi (per quanto fantascientifica) di aver a che fare, tra appena quindici anni, con una siffatta “prospettiva”.
A meno che non si sia appassionati del genere bellico, associare la visione di brutalità all'idea di disimpegno e sollazzo, di questi tempi, pare azzardato come non mai.

Come mondo sull’orlo del collasso può bastare quello reale, anche se l’algoritmo di Netflix suggerisce il contrario.

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