La pena di morte condanna soprattutto gli innocenti

Gian Paolo SerinoUn cameriere nero con la passione sfrenata per Jimi Hendrix; una donna delle pulizie che troppo spesso «si accontenta di quel che arriva»; un padre devastato dal dolore che si esprime come un telepredicatore in preda a una visione; un uomo di 40 anni che si trova a poche ore dall'esser giustiziato per aver ucciso una famiglia in un motel di un paesino dell'America più profonda negli anni '70, quando era appena maggiorenne. Sono i protagonisti e le voci narranti che si alternano in Gli ultimi giorni di Smokey Nelson di Catherine Mavrikakis, nata a Chicago nel 1960 da madre francese e padre greco.In questo romanzo, che sin dal titolo rimanda a Gli ultimi giorni di un condannato a morte di Victor Hugo, l'autrice affronta il tema della pena capitale (ancora legge in 37 Stati su 50 degli Usa), ma soprattutto si confronta con la giustizia in un Paese dove «il sogno americano non è più per niente accessibile», dove «la televisione è la vostra messa», dove la religione spesso coincide con il fanatismo e dove il melting pot non sempre è sinonimo di integrazione. Ognuno dei quattro protagonisti interpreta un aspetto della società americana: il cameriere è stato il primo accusato dell'eccidio, ma si è trattato di uno dei molti errori giudiziari che insanguinano i talk show prima che le aule di tribunali; la cameriera, che proviene dalle Hawaii di Obama, diventa il simbolo di una vita sbiadita che sembra ritrovare i propri colori solo davanti all'«umanità» del Male: è stata lei a ritrovare i corpi dei due genitori e dei due bimbi nella camera del motel dove lavorava e l'unica ad aver parlato, fumando anche due sigarette, con il vero assassino; il padre di una delle vittime sembra trovare nella pena di morte il segno che Dio esiste e rappresenta al meglio ciò che la stessa scrittrice ha già affrontato in Flower of Spirit (inedito in Italia), un lungo soliloquio, un urlo di dolore delirante che diventa la metafora su come sia possibile affrancarsi dalla morte che ci circonda. E poi Smokey Nelson, il protagonista: può davvero essere umano un uomo se viene giustiziato dopo vent'anni di attesa nel braccio della morte? Ormai è convinto che «la vita non è niente» e i suoi sogni di gioventù si sono trasformati in quelli dell'americano medio.

Gli ultimi giorni di Smokey Nelson (Keller editore, pagg. 277, euro 16,50, traduzione di Silvia Turato) è un affresco molto ben riuscito sulle nostre contraddizioni e un romanzo ottimamente congegnato, quasi una sinfonia di voci che hanno il merito di non diventare mai coro.

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