Gli artisti di moda, come gli intellettuali da talk show, di solito sono amatissimi. Perché danno sempre risposte. I grandi artisti, e i veri pensatori, spesso invece appaiono insopportabili. Il loro compito, del resto, è porre domande.
Luigi Pericle - pittore, scrittore e studioso italiano, nato per destino astrale a Basilea, nel 1916, cresciuto in età e in Sapienza ai piedi del Monte Verità, ad Ascona, sulle sponde svizzere del lago Maggiore, e morto nell'agosto di vent'anni fa - nella sua vita di arte e di letture non diede risposte. Ma su tela e su carta pose continue domande. Che - tutte - conducono a una sola: «Cosa cerchiamo?».
La risposta ultima, è: «L'Illuminazione», cioè un altro modo per dire: Ad Astra. La prima domanda invece resta: chi fu, Luigi Pericle?
In fondo, un uomo che ebbe tre vite. Nella prima è un eccellente illustratore, un fumettista pubblicato sul Washington Post e sull'Herald Tribune, un intellettuale d'alta editoria, disegnatore di successo col suo corredo di mondanità, fama, denaro e Ferrari (ne comprò una che era stata di Rossellini e Ingrid Bergman, e poi quella con cui Mike Parkes partecipò alla leggendaria 24Heures du Mans del 1966...). Nella seconda, dopo essersi trasferito con la moglie Orsolina Klainguti, la bella «Nini», nella Casa di San Tomaso ad Ascona - di fronte il principio vitale dell'acqua, alle spalle le dottrine segrete del Monte Verità - è un artista riconosciuto: fino a tutti gli anni Cinquanta figurativo, poi - anno di svolta pittorica 1959 - d'un astrattismo informale, rigoroso, assoluto: quell'anno distrugge tutte le opere del periodo precedente, e si dà all'arte per la vanità: sono gli anni delle gallerie di grido, dei grandi collezionisti, delle mostre in cui espone accanto a Karel Appel, Antoni Tàpies, Jean Dubuffet e Pablo Picasso... Infine, la terza vita, e la nuova via: gli anni dell'arte per l'arte, dell'isolamento che dopo la morte di «Nini» diventa eremitaggio, della meditazione, della Teosofia di scuola steineriana, degli studi spirituali sempre più profondi. Studia e dipinge. Dipinge e studia. Zen, cabala, antroposofia, alchimia, ufologia, astrologia, religioni orientali, lingue antiche, calligrafia giapponese. Alla fine, ritiratosi completamente dal mondo, non dipingerà neppure più: le linee e le forme si sono sciolte nella meditazione. Non resta che il puro segno, la scrittura, ed ecco - prima del definitivo silenzio, la morte del 2001 - il possente romanzo, rimasto inedito, scritto in tedesco, Bis ans Ende der Zeiten, ovvero: Fino alla fine dei tempi.
L'inizio dei nuovi, è datato 2016, quando due mecenati di Ascona, Andrea e Greta Biasca-Caroni, passione artistica e dottrina teosofica, acquistano la villetta San Tomaso, rimasta chiusa e dimenticata per quindi anni, insieme con il suo tesoro di migliaia tra tele e chine, la biblioteca di 1500 volumi, decine e decine di taccuini, quattromila pagine di annotazioni, schizzi e glossari, 1500 tavole di oroscopi autografi (Pericle fece anche quello di Leonardo da Vinci e di Cristo), 800 lettere scambiate con studiosi, registi, maestri spirituali, storici e critici d'arte, da Hans Hesse all'editore Macmillan di New York... Così tanto materiale, da farci un archivio. Quello fondato tre anni fa da Andrea e Greta Biasca-Caroni: l'«Archivio Luigi Pericle» che vuole risollevare un grande artista caduto nell'ombra dell'oblio e che oggi, con una mostra che riapre la stagione dell'arte post lockdown nel Canton Ticino, promuove la prima retrospettiva di Luigi Pericle in un museo svizzero: Ad Astra, al MASI di Lugano (fino al 5 settembre), a cura di Carole Haensler. Benvenuti nell'universo esoterico, fantastico e magico di uno spirito unico e sfuggente.
Due anni di preparazione, quando ancora c'era Philippe Daverio che spingeva per una mostra, cinque sale che sono altrettante mappe per entrare nella mente creativa di Luigi Pericle, un corridoio che collega la sua attività di illustratore a quella di pittore, oltre 90 pezzi tra dipinti, disegni e documenti, dagli anni '60 alla morte; e un percorso che attraverso l'arte va alla ricerca di un ulteriore livello di Conoscenza: l'ultimo quadro, là in fondo, nell'ultima sala, dopo anni di dissoluzione della forma, accenna di nuovo a una figura: un Monte, insieme piramide e Verità, che si rispecchia, ribaltato, in una valle di nebbia. Cosa c'è dietro il velo, dipinto, di Maya?
C'è tutto. Tutto ciò che Luigi Pericle cercava, studiava, rivelava e metteva in scena, su tela e su carta. L'alchimia, che è trasformazione e metamorfosi della materia, e dei materiali che usa l'artista, Il segno della fiamma (1963), che significa l'illuminazione e il suo opposto, le tenebre. I segni primitivi, quelli della scrittura, la calligrafia orientale studiata e replicata da Pericle, e che apre le porte dello Zen - Primitive calligraphy in tutti i toni dell'azzurro, 1960-62 - gli intrecci di linee che sembrano i geroglifici di Nazca, figure e forme che si ripetono, La Marcia del Tempo (1963), i riferimenti alla meccanica celeste (Pericle era un appassionato di orologi), riflessioni su masonite sul Tempo e sullo Spazio, il Risveglio che passa dagli studi sul Tao e la fisica quantistica, Schrödinger e il Golem, la ricerca dell'equilibrio tra spirito e corpo, che significa liberazione (Pericle alla fine della sua vita aveva persino superato il veganesimo di Monte Verità: si cibava di un pugno di riso), e poi - in una grande sala che si sarebbe potuta intitolare «Stargate» - totem, templi e Porte, i dipinti che sembrano aleggiare in una loro dimensione astrale, i riferimenti all'Antico Egitto che per lui era il futuro, Il Palazzo di Atlantide dipinto nel 1974: sono i Nuovi Orizzonti di un artista-intellettuale senza gabbie mentali che nella sua biblioteca aveva saggi sull'antigravità in inglese, manuali di simboli alchemici in tedesco, trattati di religione, le opere complete di Lewis Carroll in edizione originale, Le Livre Secret des Jardins Japonais del XII secolo, L'Aleph di Borges e le poesie di Dante Gabriel Rossetti, gli scritti completi di Sri Aurobindo, quelli di Nikola Tesla e manuali di Yoga.
«L'arte - lasciò scritto Luigi Pericle,
il quale fu prima uomo di mondo e poi esploratore di altre dimensioni - rispecchia la disposizione spirituale dell'essere umano». La sua pittura, come un pennello che alla fine dipinge da sé, ne ha tracciato infinite vie.
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