La pittura "da romanzo" di un ritrattista sereno

Incontro con l'artista napoletano, già star della nuova figurazione italiana e ora outsider che non si arrende

La pittura "da romanzo" di un ritrattista sereno

«Nel romanzo La carta e il territorio di Michel Houellebecq il protagonista, Jed Martin, è un pittore, e il libro si apre con la descrizione di un suo quadro. Ci sono Jeff Koons e Damien Hirst che parlano gesticolando accanto a un tavolino, e dietro hanno una grande vetrata da cui si scorge un paesaggio urbano. Il quadro non esiste, è un'invenzione di Houellebecq, ma nel 2010, leggendo il romanzo, quel quadro me l'ero immaginato in un certo modo, con certe luci, un certo realismo sfumato e una ben precisa atmosfera onirica». Questo scrivevo a Federico Lombardo, mesi fa. E aggiungevo: «Ebbene, mi sono accorto che lo stile, le luci, l'atmosfera che mi ero figurato per quel quadro corrispondono a quelle che ho trovato nelle tue opere».

Era tutto vero: scoprire i quadri di Lombardo su Instagram e trovarli così simili all'opera immaginaria del protagonista di un romanzo su cui avevo speso delle fantasie, era stato un colpo al cuore: come quando ci si ritrova, nella realtà, dentro una scena che ci è apparsa in sogno.

Dopo quel contatto ci sono state un paio di lunghe telefonate, nel corso delle quali il pittore napoletano mi ha raccontato della sua tecnica, del significato che ha per lui dipingere e soprattutto fare ritratti, da sempre il suo tipo di figurazione prediletto. C'è un legame che vuole tenere vivo con la tradizione italiana, il Quattrocento, Beato Angelico, un legame fatto di luci e scelte dei colori, ma anche di scelta dei soggetti, che talvolta diventa citazione. Mi parlava, Lombardo, anche del suo continuo bisogno di ricercare, cambiare, passare attraverso fasi nuove, e in questo di non confliggere con quell'affetto per la tradizione. La seconda telefonata è stata talmente aperta da sembrare una confessione, tanto che forte di quell'intimità non mi sono saputo trattenere e ne ho parlato: del fatto che lui, oggi cinquantaduenne, lo conosco dai primi anni Duemila, cioè dalla collettiva Sui generis al PAC di Milano curata da Alessandro Riva, e poi da tutto il lavoro sulla nuova figurazione italiana che Riva aveva fatto tra il 1997 e il 2007, quando sosteneva con Maurizio Sciaccaluga un gruppo di giovani artisti (Lombardo, Chiesi, Guida, Pusole e altri), portandoli alla ribalta e alle soglie del successo. Fino alla catastrofe del giugno 2007: arresto di Riva e morte improvvisa di Sciaccaluga. Nel volgere di un mese, Lombardo e quel gruppo di pittori si erano ritrovati senza i loro principali sostenitori. È una storia dolorosa e folle, che mi ha sempre ossessionato. Ma con Lombardo, evidentemente, era un tasto sensibile, che non andava toccato. Le mie curiosità sono rimaste quasi tutte tali. Mi ha detto dove potevo trovare, in rete, un repertorio delle sue opere disponibili, e ci siamo salutati.

È stato per quello, per scusarmi dell'indelicatezza, per cercare di tornare all'intimità quasi confessionale che si era creata, che dopo aver scelto un'opera che mi ha lasciato senza fiato, un'opera che mi pareva impossibile fosse ancora libera, e addirittura per me accessibile, un grande Jed Martin pieno di azzurro, di cielo, di felicità, Traghetto per Ventotene, è stato per quello che gli ho nuovamente scritto: «Spesso mi sveglio nel cuore della notte e non riesco a riaddormentarmi perché sono tormentato dall'ansia, dalle paure che salgono dal subconscio, che in quello stato tra la veglia e il sogno è difficile scrollarsi di dosso. Per ritrovare la serenità ho una tecnica: lascio che i pensieri si focalizzino su qualcosa di piacevole, di bello. Possono essere cose prosaiche come un gol della mia squadra visto in tv, oppure uno scorcio amato della mia città. Ebbene, da quando ci siamo accordati per il tuo quadro, per sfuggire all'angoscia del dormiveglia penso a Traghetto per Ventotene. Immagino dove lo appenderò, entro nei colori, mi immergo nella sua luce. E ritrovo la serenità».

Lombardo deve aver pensato che io sia uno squilibrato.

Oggi pomeriggio arriva a casa nostra, a Pavia, con il quadro. Traghetto per Ventotene è una tela 170x120, ero preoccupato per la spedizione di un collo così ingombrante, ma Lombardo mi ha rassicurato: aveva in programma un viaggio verso nord e l'avrebbe portato lui. Il nostro incontro sarà dunque una studio visit al contrario. Quando mi telefona per dire che è al cancello scendo per farlo entrare ed è su un'utilitaria. Mi aspettavo un furgone, come fa a starci lì dentro un quadro così? Ci stringiamo la mano. Lombardo che è alto come me, cioè poco, calvo come me, ma decisamente più in forma di me è in camicia, jeans, sneakers, e sprigiona un'aria di bonomia, serenità, confidenza, nonostante le mie stramberie.

«Ma il quadro?», chiedo, per non negarmi una gaffe in più. «È nel portabagagli» dice. Nei pochi secondi che ci mette ad aprire il portellone immagino che non ci siamo intesi, che abbia portato il quadro sbagliato, o che quello che ho preso non abbia le dimensioni che credevo. Poi tira fuori una tela arrotolata, e continuo con le gaffe: «Quindi lo devo portare io a intelaiare?».

«No, ho portato il telaio» E di lì a due minuti è in casa nostra, inginocchiato sul pavimento del soggiorno, che a colpi di martello monta il telaio di legno, poi srotola la tela, la tende, la fissa con la sparachiodi, e in mezz'ora il quadro è pronto, perfetto come appena staccato dalla parete di una galleria. Il mio contributo? Preparare un caffè e fare domande: se c'è una galleria che lo segue (per molto tempo no ma da poco sì, Andrea Ingenito di Napoli), sulle collettive e personali cui ha partecipato (mille), sui collezionisti che lo supportano in questi ultimi anni. È una strana carriera la sua, che immagino simile a quella di altri ex-giovani della nuova figurazione italiana: orfani di Riva e Sciaccaluga, e della galassia di gallerie, istituzioni, collezionisti che i due coagulavano attorno a sé, non hanno completato il decollo e sono rimasti a mezz'aria. Lombardo ha un corpo di opere e pubblicazioni vastissimo, eppure i suoi prezzi sono ancora quelli di un buon emergente. Lo riconosce senza farsene un cruccio. È come se avesse, diciamo così, metabolizzato. Ha i suoi collezionisti fedeli, insegna Scultura in un liceo artistico di Roma, e nel dipingere sta la sua felicità. Finiamo a parlare di pittura con tablet e stilo, degli ipad drawings di David Hockney, e di quanto di nuovo sta facendo lui: ritratti dipinti su tablet, stampati a getto d'inchiostro su carta porosa, poi acquarellati.

Ne ha un fascio giù in macchina, li sta portando a un suo collezionista. Scende a prenderli e li guardiamo insieme: sono bellissimi. Lombardo è un pittore sereno, che avrà anche metabolizzato, ma che di certo non si è arreso.

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