Qual è il più grande poema epico mai scritto sull'umanità? L'Iliade? L'Odissea? La Bibbia? Quale libro racconta non solo l'uomo, ma la storia di ogni essere vivente? Questo testo esiste, è composto con un alfabeto di sole quattro lettere, e non l'ha scritto un uomo ma la Natura (ossia la chimica, la selezione naturale e la capacità di una straordinaria molecola di fare copie di se stessa) e si chiama Dna.
Una scrittura automatica iniziata 3,9 miliardi di anni fa e che abbiamo imparato a leggere solo recentemente, appena un decennio fa. Da allora, ci ha rivelato molte cose su chi siamo veramente. Dimenticatevi, per esempio, la classica immagine dell'evoluzione, a sinistra una scimmia, al centro un cavernicolo curvo, a destra un uomo moderno in posizione eretta: è sbagliata. Piuttosto è un cespuglio intricatissimo, con rami spezzati, altri intricati, altri che vanno per conto loro, altri che vengono inglobati. Il Dna ha confermato appieno la teoria dell'evoluzione, e pensare che quel genio di Charles Darwin non poteva conoscerlo (così come, all'epoca di Darwin, non c'erano ancora tutti i fossili di ominidi trovati in seguito).
A proposito, è appena uscito un libro molto bello, del biologo Adam Rutherford, Breve storia di chiunque sia mai vissuto (Bollati Boringhieri). «Ciò che stava prendendo avvio nel XIX secolo», scrive Rutherford, «era l'idea che, insieme a tutti gli altri animali, noi fossimo parte di un continuum - una specie generata e non creata. Oggi solamente gli ignoranti accaniti rifiutano il fatto che ci siamo evoluti da antichi progenitori». Pensate: sulla Terra sono esistiti circa 107 miliardi di esseri umani moderni ma il calcolo è approssimativo, perché dipende da dove ci si ferma. Se sovrapponeste una foto dopo l'altra dei vostri antenati (esperimento mentale di Richard Dawkins), fino al vostro 185milionesimo antenato, otterreste la foto di un pesce.
Adam Rutherford tiene a sottolineare un dato emerso dalle recenti analisi: in media ogni europeo ha il 2,4% di Dna di un Neanderthal. Proprio così, il famigerato uomo di Neanderthal, per lungo tempo considerato un nostro antenato primitivo, in realtà era un nostro parente stretto, talmente stretto che la differenza non ci ha impedito di farci sesso e di inglobarlo nel nostro genoma (prima di sterminarlo). Se volete sapere quanto Neanderthal c'è in voi potete farvi sequenziare il genoma, ci sono molte aziende che lo fanno a buon mercato, tipo la 23andMe. Il genoma umano è composto di tre miliardi di lettere, e si tenga presente che cambia in continuazione, se così non fosse non saremmo qui, saremmo ancora una cellula procariotica a mollo in un oceano primordiale.
Altro mito da sfatare: quello dell'«anello mancante».
Ci sarà sempre un anello mancante perché perfino i genitori di quello che chiamiamo primo Homo Sapiens erano necessariamente Homo Sapiens. Ragione per cui un primo uomo non è mai esistito, ma dentro il testo del nostro genoma ci portiamo dietro una storia meravigliosa, e anche terribile e sanguinosa, lunga ben quattro miliardi di anni.
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