Cultura e Spettacoli

Prince e il grande party per la fine del mondo

Torna il capolavoro «1999» con cinque dischi di brani mai sentiti e concerti travolgenti

Prince e il grande party per la fine del mondo

Come immaginava Prince il XXI secolo nel 1982? Non se lo immaginava. Il capodanno del 2000 sarebbe stato il giorno del giudizio. Il cielo si sarebbe tinto di viola. La gente sarebbe scappata a gambe levate per evitare, inutilmente, la distruzione. Brutta storia. Per consolarsi, Prince aveva deciso di vivere come fosse sempre il 31 gennaio 1999. L'ultima festa, la più scatenata, la più disperata. Ed ecco atterrare nei negozi 1999. Non solo e non tanto il disco che ha reso Prince una star mondiale: 1999 ha segnato un'epoca e ridefinito quello che si poteva fare (tutto) con la musica nera. Innanzi tutto, via il «nera». Prince fonde funk e rock, James Brown e la New Wave, la disco e l'elettronica algida dei tedeschi Kraftwerk. Copertina da figlio dei fiori sotto ecstasy, una band spaventosa alle spalle, un look provocatorio. Tutto questo e molto altro è ora nella ristampa in cofanetto, accompagnata da un saggio di David Fricke e da quattro cd (uno di mix alternativi, due di brani esclusi, uno dal vivo) e un dvd (concerto del 29 dicembre 1982 a Houston). I due cd con gli scarti sono sbalorditivi. Prince aveva un quadruplo album in tasca, e le canzoni rimaste fuori non sono inferiori a quelle finite in 1999. Pazzesco: chiunque avrebbe costruito una carriera con i ventiquattro (!) pezzi cestinati da Prince. L'album non parte subito bene. Esce nell'ottobre del 1982, i singoli non decollano. Nell'estate del 1983, il canale Mtv inizia a trasmettere regolarmente video di artisti neri, in precedenza tenuti in secondo piano. Little Red Corvette finisce in rotazione continua e schizza nella Top Ten statunitense, preludio al botto mondiale.

E dire che la storia di 1999 inizia con la peggior umiliazione subita da Prince. I Rolling Stones lo invitano a suonare prima di loro al Los Angeles Memorial Coliseum, davanti a 94 mila spettatori. Due serate: 9 e 10 ottobre 1981. Da qualche settimana ha realizzato il disco Controversy. Mick Jagger è un fan di Prince, è anche andato a un suo spettacolo qualche tempo prima. Il disastro è completo. La prima sera, il pubblico inferocito mette in fuga Prince. Il secondo show va anche peggio. Sul palco arriva di tutto. Prince se ne va distrutto. Giura che non aprirà mai un concerto altrui. Sparisce per qualche tempo. Si chiude in casa a scrivere nuove canzoni, ne escono una quarantina, undici andranno a formare 1999. Se le radici sono nella frustrazione, il futuro è nella megalomania. Come superarsi? Con un film e una grande ballata, Purple Rain.

Le fantasie sessuali sono il cuore di 1999 dal sadomasochismo (patinato) di Lady Cab Driver ai video con la bionda Jill Jones, ventenne fiamma di Prince, che amoreggia con la tastierista Lisa Coleman (fidanzata della chitarrista Wendy Melvoin, che entrerà nella band di Prince da lì a poco). Prince si presenta come un folletto, scatenato nella danza, strepitoso chitarrista, sempre sensuale. E ora prendiamo la macchina del tempo, avanti tutta. Dopo mille battaglie contro la discografia, il ripudio del nome Prince sostituito da un simbolo, anni di esperimenti mai giunti al pubblico, dischi in allegato ai giornali, disgrazie personali, la peggiore fu la morte prematura dell'unico figlio, la conversione ai Testimoni di Geova, le interviste deliranti sulle scie chimiche, il successo ritrovato solo a tratti arriviamo al tour di Piano & A Microphone che precede la morte avvenuta il 21 aprile 2016 per overdose accidentale di Fentanyl, un potente farmaco oppiaceo, usato dai tossicodipendenti al posto della morfina o della eroina. Durante il primo show, Prince disse: «Adesso mi piace sognare più di un tempo. Alcuni dei miei amici sono scomparsi, e li vedo nei miei sogni. È come se fossero qui, e a volte i sogni sono uguali alla veglia».

La vita, forse, sembrava troppo simile alla morte.

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