Cultura e Spettacoli

Quanto è crudele il killer dell'amore

Gian Paolo Serino

Il suo esordio narrativo con Nel nome dello zio, nel 2012 per Guanda, è stato uno dei più convincenti degli ultimi anni: un romanzo di una comicità irresistibile, impossibile non ridere ad ogni pagina, ma anche una potente arma contro una camorra e una criminalità che, forse, si sconfiggono maggiormente rendendole una macchietta che facendone un'eterna infernale e mai doma «Gomorra». Un vero successo - sarebbe da trarne un film o una serie tivù - ormai diventato un longseller. Dopo altri due romanzi, non riuscitissimi, ora Stefano Piedimonte, napoletano classe 1980, torna in libreria con L'innamoratore (Rizzoli, pagg. 270, euro 18) e ritrova non solo la propria vis comica, ma anche una maturità di scrittura e una introspezione (non ombelicale) con un solido spessore letterario.

Il protagonista di questo romanzo è, appunto «l'innamoratore»: un ragazzo cresciuto tra la miseria dei Quartieri Spagnoli, che si inventa un lavoro: far innamorare le donne. Non il solito gigolò, ma un sicario dell'amore. Perché l'innamoratore, il suo nome è Ivan, viene assoldato, 600 euro più le spese al giorno, per far cedere mogli integerrime di concorrenti d'affari o rivali di clan. Non più piombo, dunque, ma una vendetta trasversale sfascia famiglie. All'idea senza dubbio riuscita, un personaggio declinato con sapienza in tutte le declinazioni che si possono immaginare per uno che fa innamorare per lavoro, Piedimonte non manca di coniugare la sua cifra stilistica: una comicità innata, che non cade nelle facili battute ma è venata da un umorismo che può sembrare cinico pur non essendolo. La bravura di Piedimonte è di farci immergere in un mondo che ha la stessa potenza dei grandi classici di Eduardo De Filippo. Riporta sulla carta un teatro d'inchiostro che raggiunge altissime vette di drammaturgia. Ambientato tra Milano, Napoli, Roma e Marrakech, il romanzo procede con un ingegnoso intreccio a orologeria, con tempi narrativi perfetti. Attraverso flashback non soltanto temporali ma anche emotivi, seguiamo le disavventure di Ivan l'innamoratore dapprima con un sorriso, poi con invidia, poi con una tenerezza che piano piano diventa pena. Una discesa agli inferi, senza bisogno dell'elemento noir, nella nostra società ridotta a commedia spesso neanche dell'arte.

Una divertente ma tragica metafora dell'assurdità del nostro presente.

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