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Questo John Coltrane dal vivo è un inno all'eterna ricerca di "A Love Supreme"

L'incisione risale al 30 settembre 1965, ma la qualità del suono è ottima

Questo John Coltrane dal vivo è un inno all'eterna ricerca di "A Love Supreme"

In questa era post-pandemica così forzatamente avara di eventi, ecco un disco che può essere definito (come fa la rivista Musica Jazz che gli ha dedicato la copertina e un amplissimo servizio con foto e interviste) un avvenimento storico... Una versione inedita dal vivo del classico di John Coltrane A Love Supreme. Live In Seattle. L'album, uscito a metà degli anni Sessanta, rappresentava il dialogo personale di Coltrane (1926-1967) con la spiritualità e il «divino», una complessa suite in quattro parti che durava poco più di mezz'ora e conteneva di tutto. Una ricerca sonora che - come scrive Arrigo Polillo nella sua monumentale opera Jazz, alterna «momenti di serena distensione ad altri di esagerata tensione, in una costante bivalenza espressiva; amore e rabbia, preghiera e grido».

È una preghiera personale, ma anche collettiva, inclusiva, in cui Coltrane lascia ampio spazio ai suoi partner: McCoy Tyner al pianoforte, Jimmy Garrison al contrabbasso ed Elvin Jones alla batteria. Ai suoi esordi molti considerarono Coltrane solo uno dei nuovi (e tanti) boppers di nuova generazione, o addirittura un artista «no jazz». Con questo disco e con i successivi (l'altrettanto spirituale Ascension con una formazione allargata con tra l'altro Art Davis al secondo contrabbasso, Freddie Hubbard alla tromba e al sax tenore Pharoah Sanders e Archie Shepp) entrò nell'Olimpo della musica contemporanea. A Love Supreme fu suonato dal vivo in Francia, al Festival Jazz di Antibes, il 26 luglio 1965 (e la registrazione è contenuta nel bel cofanetto della Impulse A Love Supreme. John Coltrane. The Complete Sessions) ma questa versione è molto diversa e più lunga di quella originale. Ci sono quattro Interludi e brani dilatati e spinti ancora di più verso una ricerca o una voglia di capire Dio e l'Universo. Il disco è stato inciso il 30 settembre 1965 al Penthouse di Seattle, un locale gestito dal barista Charlie Puzzo, che fu celebre dal 1962 al 1968 ospitando grandi concerti, e fu registrato da Joe Brazil (sassofonista che faceva parte della «house band» del locale e che apriva con il suo gruppo i concerti delle star) con due microfoni sul palco e un registratore Ampex. Nonostante ciò la qualità del suono è ottima e permette di godere dell'estetica di Coltrane, che improvvisa sempre più «verticalmente» col sax tenore anziché col soprano.

Un'opera da gustare ma soprattutto da capire (è difficile entrare nel mondo spirituale coltraniano), un'opera storica che anticipa i sussulti orgiastici e free di Ascension (sempre con la spiritualità alla sua maniera) fatta di assolo liberamente improvvisati.

Un caposaldo per tutti gli appassionati di jazz, un documento da unire ad Ascension e alle due suites Meditation e Om per capire l'estetica e il tormento (ma anche la ricerca dell'Assoluto) di uno dei più grandi artisti del Novecento.

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