Cultura e Spettacoli

"Racconto un dolore che ci riguarda tutti: la perdita di chi amiamo"

Lo scrittore nel suo nuovo romanzo "Telefono" narra in tre modi diversi un dramma familiare

"Racconto un dolore che ci riguarda tutti: la perdita di chi amiamo"

Zach Wells è un geologo/paleontologo che vive a Los Angeles, ha una predisposizione negativa verso la felicità, una moglie poetessa e una figlia, Sarah, che adora. Fin dall'inizio di Telefono, il nuovo romanzo di Percival Everett (La nave di Teseo, pagg. 286, euro 22), si percepisce che qualcosa di terribile capiterà alla famiglia, e riguarderà proprio Sarah. La particolarità del romanzo, fra i tre finalisti del Pulitzer 2021, è che appare in tre versioni, leggermente diverse una dall'altra (anche nel finale): una stravaganza che pochi potrebbero permettersi, e fra questi pochi c'è Everett, scrittore che in passato ha fatto il chitarrista jazz, l'addestratore di tori e di cavalli e il professore, ha pubblicato circa trenta fra romanzi, libri di poesia e di racconti a un ritmo incredibile («scrivo velocemente? dice?») e ha anche vinto anche un Pen award for fiction. Risponde da Los Angeles, dove vive.

Come ha deciso di scrivere tre versioni diverse della medesima storia?

«Ho letto spesso a proposito del concetto di intenzione autoriale e dell'autorità dell'artista, ma il mio interesse è, piuttosto, nei confronti dell'autorità del lettore. E questo perché io considero il lettore come qualcuno che partecipa alla creazione del significato di un'opera».

E come ha reagito il suo editore a questa idea?

«All'inizio ero convinto che nessuno sarebbe stato attirato dal progetto. Invece il mio editore, Graywolf, ne è rimasto incuriosito».

Il titolo, Telefono, sembra suggerire che, come nel gioco da bambini, nessuno riesca davvero a comprendere gli altri... È così?

«Credo che tutte le storie abbiano significati multipli. Perfino per il singolo lettore, il significato di una storia può cambiare, a seconda del momento e delle esperienze».

Il protagonista ha un cognome simbolico, Wells, «pozzo», e davvero deve scendere dentro se stesso. Ma crede che questa esplorazione interiore richieda sempre un dolore come il suo?

«Questa è una di quelle domande a cui io non posso rispondere e alle quali, credo, tocchi al lettore stesso rispondere».

Nel romanzo, l'angoscia aumenta sempre di più.

«La perdita è qualcosa che interessa tutti quanti noi. Dobbiamo farne esperienza. È una delle verità della vita, ed è questa l'unica cosa che io abbia davvero cercato».

Ma come si fa a raccontare la disperazione di un genitore quando scopre che la figlia è destinata a morire, e a farlo senza retorica?

«Anche in questo caso, io cerco soltanto di rendere la storia vera, reale».

Nel romanzo c'è anche la tragedia delle centinaia di donne scomparse a Ciudad Juarez, in Messico. Come mai ha deciso di intrecciare due sofferenze così forti?

«La situazione lungo il confine mi turba profondamente, da molti anni. Se scrivi una storia che riguarda il salvare qualcuno, allora ci deve anche essere qualcosa da cui quel qualcuno dev'essere salvato. Ed è stata anche l'occasione per attirare di nuovo l'attenzione nei confronti di questa violenza orribile perpetrata verso le donne. Credo che la maggior parte degli americani non ne sappia nulla».

Wells è un geologo e il suo campo di indagine è la Naught's Cave, cioè «la grotta del nulla»: quale mostro si nasconde in essa?

«Questa grotta esiste solo nel mio romanzo. Tocca al lettore dire quanto sia profonda, e che cosa vi abiti».

Crede che cercare di salvare qualcuno - come si impegna a fare Zach con le donne scomparse - sia un modo per salvare noi stessi?

«Beh, questa domanda è proprio il motivo per il quale ho scritto il romanzo...»

È passato dalla poesia al crime, dal western al racconto surreale. Come si muove fra stili e generi così diversi?

«Io scrivo soprattutto per avere una scusa per studiare...»

Ha fatto mille mestieri, quale ha influenzato di più il suo lavoro di scrittore?

«Direi tutti quanti».

È professore emerito alla University of Southern California. Che cosa le piace di più dell'insegnamento?

«Ormai sono quarant'anni che insegno all'Università. Quello che adoro è l'energia dei giovani».

È vero che nei suoi laboratori fa provare ai suoi studenti a riparare i mandolini e le chitarre?

«No no. Sono solo io a riparare i mandolini e le chitarre, a loro non chiedo di farlo...»

Le sue più grandi passioni?

«La pesca con la mosca. Dipingere. E le chitarre».

Finiscono anche nei suoi libri?

«Assolutamente sì».

Nel libro, Zach e Sarah sostengono che il romanzo più sopravvalutato sia Infinite Jest. Concorda?

«No».

Un romanzo sottovalutato invece?

«E se grida, lascialo andare di Chester Himes».

Di che cosa parla il suo prossimo romanzo?

«The Trees - gli alberi - uscirà in settembre.

È sul linciaggio in America».

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