Cultura e Spettacoli

Il ritorno di Mario Biondi scapigliato del Novecento

A 82 anni lo scrittore continua il percorso letterario fra i generi iniziato nel 1975 in "Il lupo bambino"

Il ritorno di Mario Biondi scapigliato del Novecento

Quello di Mario Biondi, classe 1939, è un grande ritorno per la narrativa italiana. Da pochi giorni in libreria con Rosa d'Oriente (La nave di Teseo), romanzo storico ambientato nel I secolo a.C. tra l'Asia Minore, Alessandria d'Egitto e la Roma di Cesare e Ottaviano, l'autore persegue con ostinazione il proprio percorso letterario che lo ha visto attraversare oltre quarant'anni di editoria italiana, sempre «in direzione ostinata e contraria», spesso in anticipo sui tempi, coerente con quel suo ruolo da «scapigliato e irregolare rispetto alle direttrici dominanti della moda» (la definizione è di Carlo Sgorlon).

«Agli autori italiani spesso si chiede di scrivere sempre lo stesso romanzo», afferma con un certo disincanto Biondi che, al contrario, ha sempre accettato la sfida titanica col romanzo scegliendo, coraggiosamente, di attraversare tutti i generi possibili: curioso che tale caratteristica, apprezzatissima per gli autori di lingua inglese (si pensi, solo per fare un grande nome, a John Banville e alle sue molteplici identità letterarie, a cominciare da quella di Benjamin Black) venga invece ritenuta un difetto per gli autori di lingua italiana.

Ma Mario Biondi è anche mille altre cose: accanto al nuovo romanzo, infatti, ha di recente offerto la sua nuovissima (e del tutto gratuita) traduzione dell'Ulisse di James Joyce (sempre per La nave di Teseo, 2020, fortemente voluta da Mario Andreose), da lui definita «l'opera moderna in lingua inglese più difficile da tradurre» e una gustosa raccolta di racconti, Sognando la vita, uscita per Oligo nel 2020, che raccoglie i frutti di oltre trent'anni di carriera in cui, balzachianamente, riprende molti personaggi dei suoi romanzi più celebri (il personaggio L.O. dei primi tre racconti altri non è che l'aristocratico Luca Olgiati Drezzo, uno dei protagonisti de Gli occhi di una donna).

Biondi è nato a Milano nel 1939 e si è formato tra San Fermo della Battaglia (la familiare Valfresca è citata in più di un romanzo) per poi diplomarsi al Liceo Volta di Como; è poi diventato milanese di fatto, lui, cittadino del mondo per vocazione che considera la Turchia una seconda patria. Dopo la laurea in Economia presso l'Università Bocconi e le prime esperienze in azienda (alla Nestlè), Mario Biondi ha lavorato prima nell'ufficio commerciale di Einaudi, poi per vari anni presso la casa editrice Sansoni («trecento dipendenti, una cosa impensabile oggi»), per approdare, nel 1976 e restandovi fino al 1984, alla Longanesi, di cui è stato capo dell'Ufficio Stampa (quando diede le dimissioni, a sostituirlo venne chiamato un allora giovane Luigi Brioschi, poi diventato patron e anima di Guanda).

Da narratore ha esordito nel 1975 con l'autobiografico romanzo di formazione Il lupo bambino, edito dalla Marsilio di Cesare De Michelis, per poi raggiungere la notorietà, nel 1982, col romanzo storico Il cielo della mezzaluna (Longanesi, 1982), un avvincente affresco storico del XV secolo ambientato tra la Serenissima e Costantinopoli, in cui affiorano echi e riflessi di capolavori della storiografia (si pensi al Mediterraneo di Fernand Braudel, uno dei principali esponenti della scuola delle Annales).

Nel 1985 appare il suo capolavoro, Gli occhi di una donna, «scritto con una macchina per scrivere Gabriele 110 Triumph-Hadler», un romanzo-romanzo, cioè una saga familiare ambientata sul lago di Como e imperniata sulle vicende delle famiglie Lucini (borghese) e Olgiati Drezzo (dinastia aristocratica segnata dalla follia). Il romanzo, con la voce narrante che attraversa un intero secolo, con personaggi ed episodi riferiti alle due guerre mondiali e finale ambientato nel 1982, vince il premio Super Campiello (superando autori del calibro di Giorgio Montefoschi, Roberto Pazzi e Antonio Tabucchi) e diventa un bestseller da oltre 250mila copie, ma Biondi, l'anno successivo, spiazza di nuovo critica e pubblica pubblicando la spy story La civetta sul comò (Longanesi), imperniato sulla scomparsa di un alto dirigente di una grande azienda chimica.

Segue il passaggio alla Rizzoli, con cui Biondi pubblica ben cinque romanzi, e poi il ritorno a casa, quando Longanesi pubblica, tra il 1998 e il 1999, il dittico di thriller Una porta di luce e Codice Ombra, mentre TEA raccoglie in un unico volume (col nuovo titolo Destino, 2006), due romanzi apparsi inizialmente separati per Rizzoli.

Rimane nel mondo editoriale per qualche anno sottotraccia, ma è uno dei pionieri del Web 1.0, se è vero che il portale InfiniteStorie, da lui ideato, creato e tenuto in vita per il Gruppo Mauri Spagnol dal 2000 al 2014 (prima dell'avvento del portale Il Libraio), diventa un punto di riferimento insostituibile per tutti gli addetti ai lavori, gli scrittori e aspiranti tali, prima di scomparire nell'oblio in maniera del tutto improvvisa.

Fra i tantissimi meriti di Biondi, inoltre, vi è la scoperta e la traduzione di alcuni scrittori fondamentali del Novecento e degli anni Duemila: nel campo della traduzione vanta oltre settanta opere tradotte dall'inglese di autori di fama mondiale, tra i quali, oltre ai citatissimi Premi Nobel Isaac B. Singer, William Golding, Wole Soyinka, troviamo alcune sorprese: Biondi traduce Rumore bianco di Don DeLillo (oggi noto nel mondo soprattutto per il capolavoro Underworld del 1997, e considerato dal grande critico americano Harold Bloom uno dei quattro grandi scrittori statunitensi del secondo Novecento insieme a Roth, Pynchon e McCarthy) già nel 1987 per Pironti e realizza, sempre nel 1987, per Amica un'intervista scoop a un allora sconosciuto Orhan Pamuk, andando a intervistarlo nella sua casa di Istanbul. Sarà lo stesso Pamuk (Premio Nobel per la Letteratura vent'anni più tardi, nel 2006), a dire alla Frassinelli di volere una traduzione in italiano «di Mario Biondi» del suo libro più importante, Il libro nero (Frassinelli, 1995).

All'appello non potevano inoltre mancare i numerosi libri di viaggio realizzati da Biondi, che per anni è stato collaboratore di varie testate, da L'Europeo a il Giornale («Entrai nella stanza di Montanelli una volta sola e mi accolse dicendomi: Bene, Biondi, continui così!») e un curioso aneddoto: Biondi è stato in gioventù un componente della nazionale italiana di atletica leggera (eccelleva nei 100, nei 200 e nei 400 metri) e solo a causa di un infortunio muscolare («Iniziarono a chiamarmi De Strappettis») saltò le i Giochi Olimpici di Roma 1960.

Mentre muove i primi passi nelle librerie Rosa d'Oriente, che ha per protagonista l'aspirante sacerdotessa del popolo degli Hatti, Wurus (diventata Rosa alla corte di Marco Antonio e Cleopatra), Biondi progetta di ripubblicare Il segreto dell'Azteco, conclusione della «Trilogia delle luci».

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