Rivoluzione? No, colpo di Stato elitario

Il libro di Vittorio Strada spiega gli avvenimenti di un secolo fa in Russia

Rivoluzione? No, colpo di Stato elitario

Sulla Rivoluzione russa del febbraio e soprattutto dell'ottobre 1917 non sono stati scritti libri di storia e saggi paragonabili per quantità e qualità a quelli dedicati alla Rivoluzione francese degli anni 1789-1793 (cui quella russa viene tradizionalmente associata per analogia) o a quelli sulla Rivoluzione americana del periodo 1775-1783. Questa disparità, riprova delle differenze profonde fra questi tre eventi, è dovuta a vari fattori. In Francia e nei nascenti Stati Uniti d'America le rivoluzioni borghesi, nonostante la portata e la risonanza universale del loro messaggio, ebbero un carattere nazionale. Invece nel caso della Rivoluzione russa il carattere nazionale e quello ideologico sovranazionale si sovrapposero immediatamente. Divenne da subito difficile un'analisi esterna, neutra. All'interno dell'Urss, poi, l'esito fu rapidamente quello della nascita di uno Stato totalitario che certo non incoraggiò le analisi del suo mito fondativo. Tuttavia non mancano le narrazioni a caldo e di parte che restano utili e spesso molto vivide. Basti pensare alla Storia della Rivoluzione russa di Lev Trotskij. Il libro è affascinante perché Trotskij fu uno degli uomini forti della rivoluzione, ma nemico acerrimo del risultato ultimo della medesima: il regime di Stalin.

In questo senso è molto utile la lettura di Impero e Rivoluzione. Russia 1917-2017 di Vittorio Strada (volume in abbinata facoltativa con il Giornale, nelle edicole al prezzo di 7,50 euro oltre al costo del quotidiano). Strada, che ha diretto l'Istituto italiano di cultura a Mosca ed è stato a stretto contatto con molti intellettuali russi dissidenti, tra i quali Boris Pasternak, racconta nel dettaglio il lungo percorso che ha portato la Russia dalla Prima guerra mondiale al presente. Senza acredine, ma con precisione Strada demitizza la rivoluzione del 1917 che, rispetto alle sterminate dimensioni dell'Impero zarista, fu sempre e soltanto una rivolta delle élites, chiarendone il contesto. «Quella che nel lessico ideologico sovietico si chiamava Grande rivoluzione socialista d'ottobre e come tale era esaltata nella mitologia poetica dei suoi artisti - scrive - fu in realtà un colpo di Stato magistralmente preparato e attuato che portò all'eliminazione del democratico governo provvisorio e alla dittatura del partito comunista».

Quindi Strada ne esamina tutte le linee di sviluppo (il terrore era già connaturato alle politiche di Lenin e Trotskij e Stalin lo declinò soltanto in una forma statalizzata e più russocentrica) mostrando come l'esito totalitario era un elemento originale del fenomeno, non una degenerazione avvenuta in seguito. In Occidente su questo fatto molto ben documentato hanno chiuso gli occhi in molti.

Del resto lo aveva già scritto il poeta Georgij Adamovic nel 1923, dopo essere emigrato in Francia, ironizzando su chi si diceva deluso per l'assenza di libertà in Urss: «La verità si è palesata: della libertà non è rimasto nulla, per nessuno, e assolutamente non perché l'ottobre abbia smarrito la strada o abbia tradito se stesso, no, al contrario: perché avrebbe tradito se stesso se la libertà non l'avesse annullata».

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