Leonardo Sciascia (1921-89) entra nel centenario della nascita, ed è una fiumana di riedizioni, studi, programmi tv e mille eventi organizzati dal Comitato nazionale per le celebrazioni. Difficile scegliere cosa leggere, cosa vedere. Ma se proprio dobbiamo, segnaliamo una novità del suo editore postumo di riferimento, Adelphi: Leonardo Sciascia, «Questo non è un racconto». Che infatti non è un racconto né un romanzo, ma una raccolta di testi dispersi dello scrittore siciliano sul cinema, mondo con cui ebbe momenti di travolgente passione (pensando alle giornate passate nel teatro di Racalmuto trasformato negli anni Venti in cinematografo, e poi agli anni di studio e di «films» a Catania, a posteriori ricorderà: «Per me il cinema era allora tutto. TUTTO») e altri di diffidente distanza (nel 1965, rispondendo all'inchiesta «I migliori film dell'anno» curata per Cinema Nuovo da Guido Aristarco, confessa: «È da un paio d'anni che frequento pochissimo il cinema. E le rare volte che ci capito, quasi mai resisto a vedere un film per intero»).
Il libro è una miniera. Ci sono soggetti inediti per film non realizzati (uno per Carlo Lizzani e uno per Lina Wertmüller, più un dialogo narrativo su un soggetto per Sergio Leone), recensioni e illuminanti riflessioni sul rapporto libro-film, tenendo conto che l'elenco dei suoi romanzi portati sul grande schermo è lungo, da A ciascuno il suo di Elio Petri del '67 a Porte aperte di Gianni Amelio del '90. «Della fedeltà letterale degli altrui film ai miei libri non mi importa.
Mi importa della fedeltà sostanziale, della fedeltà all'idea da cui i libri muovono», scrive nel '76, anno del Todo modo di Petri.Per il resto, non resta che chiederci se abbia o no ragione Sciascia quando scrive, era il '65: «Sono ormai arrivato alla convinzione che non c'è film, per quanto buono, che valga un libro anche mediocre». Mah...
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