Troppo bello per essere vero. Giornalisti colti, che in redazione citano Cervantes, sentendosi Don Chisciotte dell'informazione indipendente. Segretarie promosse al volo assistenti di produzione, per puro merito, e redattori arroganti licenziati per incompetenza. Zero raccomandazioni. E un mezzobusto televisivo così antipatico e bravo, da sembrare reale: è la sala stampa della fiction The Newsroom, serie di punta dell'americana HBO, che dal 17 approda su Raitre in prima serata. Nei dieci episodi, ognuno di un'ora circa, va in onda il dramma del notiziario della sera, osservato da dietro le quinte. Quando i giornalisti della rete televisiva ACN di base a New Orleans cucinano le News Night, il notiziario serale che conta più di tutti: chi «buca» la notizia è perduto. L'aria si fa elettrica, l'adrenalina scorre nelle vene e le scalette cambiano di continuo, mentre si urla e si gesticola, dietro al computer o al di là dal vetro di regia. Soprattutto, va in scena il dramma dell'informazione, adesso: fare un notiziario televisivo, che piace a tutti, o fregarsene di pettegolezzi e notiziole, servendo agli utenti la vera informazione, quella scomoda? È il perno intorno al quale girano, contemporaneamente, Wikileaks - Il quinto potere, film di Bill Condon, distribuito da Rai Cinema il 24, e proprio The Newsroom, che non a caso si occupa del Quarto Potere, in affanno da quando la Rete lo batte sul terreno della verità.
Dietro al successo della serie, iniziata negli Usa l'anno scorso (7,1 milioni di telespettatori a settimana) e giunta alla seconda stagione, mentre si prepara la terza, c'è il genio creativo dello sceneggiatore classe '61 Aaron Sorkin: nominato agli Oscar per Moneyball; vincitore della statuetta per The Social Network (2010), film sulla genesi di Facebook, eccolo di ritorno sul piccolo schermo, dov'è di casa. C'è la firma dell'ebreo di Manhattan mister Sorkin, infatti, sul fortunato telefilm West Wings- Tutti gli uomini del Presidente (Rete 4), seguito nonostante gli orari di messa in onda ed esemplare d'uno stile di scrittura affascinante. Dove dialoghi serrati e densi, intrisi d'un romanticismo moderno, che fa sognare e disperare al tempo stesso, costituiscono il marchio del «sorkinismo»: una miscela potente di attualità e timbro teatrale, sul rapido ping-pong delle battute, che condisce pure The Newsroom. Che ha un altro asso nella manica: Jeff Daniels, attore di prosa fresco di Emmy Awards, qui nel ruolo-chiave dell'anchorman Will McAvoy, convincente quando dice: «We are the media élite», siamo l'élite dei media. Un intellettuale abrasivo, il suo, bravo pure quando pontifica, somigliando alla star della tv Usa Walter Cronkite, sebbene il riferimento di Sorkin sia Keith Olbermann, anchor licenziato più volte per via del suo caratteraccio. «È la tua personalità che non va. Perciò ce ne andiamo», dice a Will il carrierista Don (Thomas Sadoski), capeggiando la rivolta contro il cinico repubblicano arrivato al top senza smuovere le acque. Ci penserà l'ex-fidanzata MacKenzie (Emily Mortimer), corrispondente di guerra Kombat, a fargli tornare il sacro fuoco: da non perdere lo scontro verbale tra le due vecchie volpi, a base di citazioni letterarie.
Lei, eroina sexy e competente, afferma: «Non c'è nulla di più importante, in democrazia, di un elettorato ben informato». Lui, punto sul vivo, interrompe il suo show piacione, per dare la notizia che nel Golfo del Messico la BP ha causato un danno ecologico senza precedenti. Mescolando fatti reali (come il Movimento del Tea Party) e vicende personali (Jim, il giornalista timido, ma capace, flirta con la segretaria Margaret), The Newsroom è un inno al mondo dell'informazione, ma anche agli avvenimenti quotidiani, filtrati dall'affetto per la vita e il suo fango, dov'è anche oro. Andrea Vianello, direttore di Rai Tre, parla di «adrenalina morale» e di «pubblico più evoluto, rispetto ai programmi».
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