Cultura e Spettacoli

Scoprire l'architettura «trasparente»

Uno studio dalle cattedrali duecentesche ai progetti più tecnologici

Claudia Gualdana

Pasolini li chiamava i «fanatici razionalisti/roussoiani»; Michel Foucault li accusava di reprimere l'individuo libero. Parliamo dei padri dell'architettura «trasparente». Di quelle cattedrali senza dio che vediamo spuntare come funghi in tutte le metropoli, da Milano a Hong Kong. Esse non lasciano scampo alla privacy, né alla singolarità degli uomini e dei popoli.

Quella di Riccardo Donati in Critica della trasparenza (Rosenberg & Sellier, pagg, 206, 16) è una critica della trasparenza. Verrebbe da pensare alla Glasnost. Donati suggerisce il glass ceiling, «uno dei concetti più fortunati» della teoria gender, o allo slogan dell'animalista Linda McCartney: «Se i mattatoi avessero le pareti di vetro, saremmo tutti vegetariani». L'imperativo è non avere segreti, essere insomma trasparenti, e di trasparenza infatti si parla fin troppo in politica, salvo poi nascondere conti correnti a Panama. Tutto ha inizio nella Londra di metà Ottocento, quando il Crystal Palace sorge come una «luminosa promessa di prosperità» nel cuore della città. Promessa che ha nutrito il progressismo per poi rovesciarsi nel suo opposto una volta adottata dai dittatori. Il libro ci conduce nei segreti dell'architettura, rammentandoci che ne ha sempre avuti: dai sofisticati calcoli esoterici delle cattedrali duecentesche fino ai progetti smaterializzanti di oggi, nella società virtuale del terziario che di avanzato ha tutto, fuorché la tanto agognata libertà del singolo. Palazzi-specchio ci denudano e qualcuno maiuscolo oggi come ieri ha da ridire in proposito.

In queste pagine troviamo Dostoevskij, Joyce, Calvino e l'èlite della filosofia contemporanea in una riflessione a tutto campo tra utopia egualitaria e omologazione.

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