Martedì prossimo Sky Cinema 1 trasmette alle 21 e 10 l'intera seconda serie di Black Mirror, la fiction inglese ideata dall'irriverente Charlie Brooker. Anche questa trilogia, come la prima andata in onda nell'ottobre 2012, coglie perfettamente lo spirito dei tempi. Senza fare prediche, sarebbe poco british. La cifra di Black Mirror, oltre alla produzione extralusso, è un sarcasmo sottile, capace di far sorridere ma anche di gelare il sangue nelle vene.
Ancora una volta, al centro di tutti gli episodi (di 45 minuti e indipendenti l'uno dall'altro) c'è l'impatto dei nuovi media sulle nostre vite. In Orso bianco uno strano segnale televisivo cambia la mente delle persone e scatena una folle caccia all'uomo. In Torna da me una ragazza affronta il lutto grazie a un software in grado di ricreare il profilo psicologico del fidanzato morto. Come? Il programma setaccia internet e raccoglie le migliaia di informazioni che noi stessi affidiamo, consapevolmente o meno, alla rete. Sulla base di questi dati, crea un avatar digitale col quale è possibile interagire nei modi più imprevedibili. Insomma, Brooker entra nel dibattito sull'influenza dei mezzi di comunicazione trasformandolo in storie e in immagini. In più c'è un tocco poetico (chi non vorrebbe salvare la persona amata?) o un graffio satirico o entrambe le cose.
L'episodio però destinato a far discutere, e ad appassionare maggiormente, sarà il primo, intitolato Vota Waldo! Le assonanze con quanto stiamo vivendo in Italia sono stupefacenti. Viene addirittura il dubbio che Brooker segua con attenzione le vicende politiche di casa nostra. Siamo in campagna elettorale, in ballo c'è un seggio lasciato libero da un deputato dimissionario perché coinvolto in uno scandalo sessuale, immediatamente finito su Twitter. Ci sono tre candidati. Un serioso conservatore, prototipo del politico di professione. Una improvvisata laburista, reclutata per il bell'aspetto anche se ha confessato di essersi macchiata di «alcuni delitti» in passato. Un insignificante liberaldemocratico, così insipido da venir evocato in continuazione senza meritare una inquadratura.
Ma ecco la sorpresa. In tv riscuote un crescente successo Waldo, un orsacchiotto animato che si diverte a sfottere gli aspiranti parlamentari. Dietro alla voce e alle movenze digitali di Waldo c'è Jamie, un comico semi-fallito totalmente disinteressato alla politica. Eppure... Il network decide di puntare sull'orsacchiotto e di percorrere il collegio elettorale con un camion sul quale viene trasmessa l'immagine di Waldo. L'orsacchiotto interviene così durante i comizi altrui, interrompendoli con battute e insulti. Waldo diventa un fenomeno inarrestabile: conquista la rete attraverso i social network e perfino le attenzioni della Cia, interessata «all'esperimento; uno strumento politico perfetto, anche da esportare». Waldo, alla fine, si candiderà a sua volta, risultando sconfitto per un pugno di voti. Ma, chissà, forse il futuro è suo.
L'episodio è chiaramente ispirato alla ondata di antipolitica a cui assistiamo da tempo. In un confronto tra i politici e... l'orsacchiotto turchese, troviamo un dialogo esemplare. Il conservatore avverte il pubblico: Waldo sa solo provocare, ma non ha niente da offrire; facile presentarsi nelle vesti del capopopolo antisistema, difficile passare dalla protesta alla proposta di idee serie. Waldo improvvisa il suo V-Day e manda il politico a quel paese. Anzi, tutti i politici: «Siete falsi, bugiardi, non vi importa nulla della gente comune. Siete tutti uguali. Siete meno reali di me perché non fate altro che mentire». Applausi della folla inferocita.
Il produttore-guru dello show a questo punto si monta la testa, e parla col perplesso manovratore di Waldo, convinto di essersi spinto troppo avanti. Sentite qua: «Non capisci? Non abbiamo più bisogno dei politici. Chiunque oggi possiede un iPhone o un computer. Possiamo prendere tutte le decisioni votando on-line». Che Waldo sia un orsetto movimentista a cinque stelle?
Black Mirror si conferma una grande serie e dimostra un paio di cose. La prima. Le nuove saghe americane, fatte le dovute eccezioni (The Following, a esempio), ultimamente mostrano la corda e sembrano incapaci di competere con i prodotti europei, inglesi in particolare (ma mettiamoci pure l'italianissimo Romanzo criminale). La seconda. Una fotografia così precisa della realtà è rara da trovare anche al cinema.
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