Sesso e crudeltà. Quella di Littell è "Una vecchia storia" (riscritta)

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Guardando la fotografia promozionale naso aquilino, occhi simili ad artigli, capelli all'aria, viso diabolicamente senza tempo nonostante i 50 anni la conclusione è conseguente. Une vieille histoire è il romanzo scritto da Maximilien Aue, sessuomane SS, protagonista di Le benevole, uno dei romanzi più acclamati del nuovo millennio, scritto dall'americano naturalizzato francese Jonathan Littell. Rewind. Jonathan Littell è tornato al romanzo, sei anni dopo. Lo fa, come sempre, smarcandosi dall'ovvio. L'ultimo libro, pubblicato nel 2012 per le edizioni d'arte Fata Morgana, s'intitola Une vieille histoire. «Di solito, una volta che il libro è pubblico, è finita lì. In questo caso, il libro ha continuato a lavorare dentro di me», ha detto l'autore. Il libro edito ora da Gallimard (Une vieille histoire. Nouvelle version, pagg. 384, euro 21) è tre volte più ampio della versione primitiva, abbondantemente rifatto. L'impianto, dice Littell, «è matematico». Il narratore esce da una piscina, si cambia, s'incammina in un corridoio grigio. Sul corridoio si aprono delle porte, che portano dentro alcuni «territori» (camera d'albergo, casa, giungla etc.), dove va in scena, con esemplare crudeltà, lo show di rapporti umani basilari (famiglia, relazione di coppia, solitudine, guerra). Finito il percorso, tutto ricomincia. Il sesso gronda ovunque. Fino all'ago del sadismo. «Il porno industriale, ripetitivo, formattato, non m'interessa», ha detto Littell. «Non faccio distinzione tra descrivere una scena di sesso, una scenetta familiare e un'azione di guerra. L'uomo bacia, mangia, dorme, caga. Fare l'amore non è una cosa eccezionale. Gli uomini fanno sempre le stesse cose».

Une vieille histoire è intriso dello stesso veleno de Le benevole. Littell lo ha scritto mentre girava Wrong Elements, un film sui bambini soldato, in Uganda. «La vita è dominata dal desiderio di potere. I torturatori trovano godimento nell'esprimere il loro potere più che nell'infliggere una sofferenza». Liberation riferisce di una «lettura ipnotica». Quanto a Littell, con quella faccia da varano, pare che gl'importi nulla.

«Ho passato metà della mia vita in zone di guerra. Non conosco la vita parigina, ma ho visto la guerra e la violenza». Chiude qui ogni concessione alla fama. Solo ciò che soffre, lotta e urla ha valore letterario. Il resto sono chiacchiere.

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