La signorina Dickinson è sola nella ribellione. Ma quanto ama scrivere di notte, nella grande casa del padre dove tutto, finalmente, è quiete. Buongiorno, mezzanotte: il mattino, con i suoi modi volgari, respinge la poetessa. E così lei scrive, rannicchiata davanti a un tavolino minuscolo: 1800 poesie e pazienza se gliene pubblicano undici solamente. Sarà famosa da morta e, intanto, non vuole saperne di pretendenti e mondo esteriore: è Emily Dickinson (1830-1886), una delle voci liriche più autorevoli del diciannovesimo secolo. Alla poetessa americana più significativa, sigillata nella sua stanza di Amherst, nel Massachusetts, per «possedere l'Arte/dentro l'anima», è dedicato adesso A Quiet Passion (da giovedì nelle sale), biopic di Terence Davies, regista e scrittore di Liverpool (tra le sue pellicole La casa della gioia, Serenata alla luna, Voci lontane sempre presenti), che affida a una star della nota serie tv Sex and the City, Cynthia Nixon (faceva l'avvocato in carriera Miranda Hobbes), il ruolo della protagonista. Una donna tormentata, a tratti isterica e tesa a mortificare gli altri con stoccate verbali implacabili: il dominio della parole, per lei, è un'arma. «Ho visto Sex and the City senza audio, per capire come recitava la Nixon, anche se non sono d'accordo con quella serie. Se uno deve vivere la vita con quel tipo di sessualità, tanto vale non viverla. Forse, la mia è invidi», spiega Davies, che a 75 anni ha deciso di esaltare la figura della Dickinson, dopo averla scoperta a 18 anni, in tv, mentre Claire Bloom ne declamava i versi.
Se si pensa che queste due ore di racconto dal tono teatrale scorrono claustrofobicamente, all'interno di casa Dickinson, magione in stile coloniale oggi museo storico aperto al pubblico, non viene voglia di approfondire la vita della poetessa. Tanto più che i dialoghi, di Davies stesso, suonano apodittici e così alati, intrisi come sono di puritanesimo e pietismo ottocentesco, da risultare tediosi. D'altronde, è rischioso portare i poeti sul grande schermo, facendoli parlare per bocca dei loro versi.
Secondo il regista, «la Dickinson era troppo avanti, per la sua epoca: un po' quello che è successo al compositore Anton Bruckner: le sue sinfonie sono meravigliose, ma all'epoca, chi le capiva?». Data la scena attuale, col movimento #MeToo a occupare le cronache femministe, la Dickinson è stata un'antesignana della liberazione delle donne? «Non saprei dire se fosse femminista. So che è un faro d'umanità. Per uomini e donne», considera Davies, che di sofferenza e isolamento ha esperienza personale. «Ero il più piccolo di 10 fratelli, in una famiglia operaia. Quando scoprii d'essere gay, pregai il Signore di rendermi uguale agli altri. Mi sanguinavano le ginocchia, a furia di stare in ginocchio. Da osservatore, anch'io mi sento fuori dalla vita. Sono scapolo e soffro di solitudine. Per fortuna, c'è il lavoro con gli attori», riflette il regista di questo biopic, per il New York Times «uno dei film migliori dell'anno».
Tra l'altro, si è tornati a parlare dell'attrice Cynthia Nixon, newyorchese classe 1966, quando si è candidata come governatore dello Stato di New York. L'ambiziosa attivista di sinistra, dichiaratamente bisessuale (prima, era sposata con Danny Mozes, dal quale ha avuto due figli), vorrebbe battere il governatore uscente Andrew Cuomo.
Ad essere maliziosi, non si può non notare che la sua interpretazione della ribelle Dickinson è venata di omosessualità: Emily respinge tutti gli uomini, tranne un innocuo predicatore al quale dona taccuini cuciti a mano da lei stessa e intreccia una relazione d'intimità spirituale con la moglie del fratello, la quale le confessa che le gioie del talamo coniugale, per lei, in realtà sono spine. D'altronde, anche Mario Martone, nel suo biopic su Leopardi, Il giovane favoloso, adombrava un'inclinazione omosessuale del poeta di Recanati. I poeti, purtroppo, sono morti e non possono chiarire.
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