Oliver Stone non è Oriana Fallaci e Putin non è Khomeini: è la prima cosa che ho pensato leggendo Oliver Stone intervista Vladimir Putin (Marsilio). Anche questa è un'intervista con la storia ma stavolta non c'è pericolo che qualcuno alzi la voce e non si rischia mai l'incidente internazionale visto che di fronte al presidente molto russo c'è un regista non troppo americano ovvero un pacifista. Stone è infinitamente meno letterario di Oriana ma in compenso, pur essendo famoso uomo di cinema, è molto meno divo, e così non ruba la scena all'intervistato. Di questo gliene sono grato perché mai avrei voluto leggere un libro zeppo delle sue ossessioni: a me, come credo al 90% dei lettori, interessano le ossessioni di Putin.
L'ossessione numero uno di Putin è la sovranità nazionale. Non quella imperiale, si badi bene: l'Unione Sovietica è finita da quel dì e non la rimpiange nemmeno lui che ci è nato e cresciuto. «Non pretendiamo certo di assurgere allo stato di superpotenza. Lo stato di superpotenza comporta un enorme fardello, soprattutto economico e finanziario. E perché mai dovremmo assumerci un fardello del genere?». Quelle del libro sono trecento pagine di realismo, dovrebbero leggerle i governanti occidentali che pur trovandosi a capo di nazioni sulla soglia del fallimento economico e dell'estinzione demografica si atteggiano a potenziali risolutori dei problemi dell'Africa, del mondo, dell'intero sistema solare (i trattati sul riscaldamento globale varrebbero qualcosa solo se firmati anche dal Sole). Un realismo che non scade nel cinismo perché vivificato per l'appunto dal patriottismo: «La Russia è un paese guidato dalla volontà del suo popolo, dove nessuna direttiva arriva dall'esterno». Sono cose difficili se non impossibili da capire per chi da decenni si inchina alle direttive che arrivano da Bruxelles e da qualsivoglia altra sede di organismo sovranazionale. Al tempo della guerra in Cecenia ci provarono anche coi russi, racconta colui che al tempo era primo ministro: «Il Fondo monetario internazionale fu molto chiaro: interrompete le ostilità nel Caucaso e vi verremo incontro». Peccato che non avessero di fronte il solito tremebondo governicchio Ue: «La nostra risposta fu: come potete fare una richiesta del genere?». Ebbero ragione loro perché con le buone o con le cattive (forse più con le cattive) riportarono l'ordine in Cecenia rinunciando ai soldi del Fondo monetario, e anche in virtù di simili sovranistiche decisioni oggi la Russia risulta straordinariamente poco indebitata: solo il 15% del pil. Sapendo che il debito americano ammonta al 104% del pil, quello italiano al 133%, quello greco al 177 %, quale credete che sia il paese più libero dai condizionamenti esterni, dai ricatti dei grandi investitori? Proprio quella Russia che alla libertà non viene mai associata. Perché in Occidente non si sa più che cosa sia, la libertà, e la si confonde con la licenza, con la decadenza più autodistruttiva. Putin viene accusato di omofobia per via di una legge che proibisce la propaganda dell'omosessualità tra i minori. Sentite cosa risponde a Stone: «Non c'è nessuna discriminazione contro le persone. Gli stiamo solo dicendo di lasciare stare i bambini». Non è fantastica la sovranità quando cammina abbracciata al buon senso?
L'ossessione numero due di Putin non è politica bensì personale: la forma fisica. Judoka dall'età di dodici anni, ancora oggi che ne ha sessantacinque si allena tutti i giorni nella palestra del Cremlino. Stone l'ha vista e la descrive con toni estasiati. Il non più giovane statista, quando trova il tempo, si dedica anche all'equitazione e dunque al regista americano è concesso di visitare le stalle, ovviamente meravigliose. Non sarebbe Putin se montasse placidi castroni o vecchi individui di razze apatiche: si fa sellare purosangue veloci e nervosi e conseguentemente, confessa, gli capita di cadere. Infine l'hockey, sport faticoso e pericoloso che ha cominciato a praticare dopo i sessant'anni. A questo punto il buon senso sembra andato in ferie ma il sospetto di superomismo viene allontanato dal sentimento molto religioso della morte: «Solo Dio sa quanto tempo vivrò». Putin da bambino venne regolarmente battezzato, dal padre dell'attuale patriarca di Mosca in quella che allora si chiamava Leningrado, e oggi è un devoto ortodosso. In questa lunghissima intervista (in realtà una somma di interviste) Oliver Stone lo tempesta di domande sull'economia e sull'apparato militare ma lui trova ugualmente il modo di parlare di Santa Elisabetta Fedorovna, granduchessa fucilata dagli orrendi bolscevichi nel 1918.
Il potere non può essere innocente e figuriamoci un potere esercitato per così tanti anni in una nazione così grande e dalla storia così tragica. Ma la consapevolezza di non essere innocenti è peculiarità dei conservatori (la certezza di essere puri spetta agli utopisti, ai progressisti) e il Vladimir Putin che emerge dal libro è un conservatore esemplare.
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