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Spariti 2mila cinema in Italia. E Rovigo ne riapre due

Costi di gestione, nuove piattaforme e pandemia negli ultimi 20 anni hanno fatto strage di sale. Ma il capoluogo del Polesine si ribella. E dopo aver restaurato il Notorius, riapre il Duomo. Par lanciare un messaggio al Cinema e al Paese

Elena Busson, vicepresidente di Fondazione Rovigo Cultura, presenta il Cinema Duomo al Festival del Cinema di Venezia
Elena Busson, vicepresidente di Fondazione Rovigo Cultura, presenta il Cinema Duomo al Festival del Cinema di Venezia

È un’ecatombe silenziosa, figlia della pandemia ma anche delle nuove piattaforme, di un’umanità che si ritira negli smartphone e che non guarda più in faccia nessuno. I cinema cadono uno dopo l’altro, come soldatini di una guerra che sembra perduta: in vent’anni sono morti più di 2mila cinema, dei 3.440 schermi cinematografici rimasti in tutta Italia, il Covid ne ha spenti in poco più di un anno 500. In Fantasmi Urbani, il docufilm presentato al Festival Roma, l’introduzione mette i brividi: «Le città sono popolate da fantasmi. Stanno lì nelle piazze e nelle strade dei quartieri del centro e della periferia.

Da giorni, da mesi, da anni, da una vita. Abbandonati, fatiscenti, pericolanti. Degradati a sale bingo, a boutiques di lusso, a dormitori di diseredati. O in attesa di essere abbattuti da qualche speculatore». I cinema hanno decine di nemici: i costi di gestione, nel 2020 gli incassi hanno perso il 70 per cento del totale, la pirateria, le piattaforme digitali che arrivano ovunque, una legislazione salvasale che non c’è. Insieme ai cinema chiudono i battenti e scompaiono anche i teatri, le biblioteche, le librerie. in un Paese al terzultimo posto in Europa per spesa pubblica destinata alla cultura. Ma a Rovigo si ribellano, vanno controcorrente, sposano il trend opposto e contrario. Un contropiede micidiale per una città che da anni era l’unico capoluogo d’Italia a non avere un cinema nemmeno nei dintorni. Lo storico Duomo aveva chiuso quindici anni fa, l’Odeon lo aveva seguito nel 2009, poi nel 2017 il disastro: un incendio aveva devastato il Cinergia, il multisala della città piazzato nella zona commerciale, nessuna vittima , ma quindici intossicati, e la certezza dei pompieri convinti che qualcuno gli abbia dato fuoco. Ora il riscatto.

Alla faccia di chi, anni fa, aveva bollato Rovigo come città più noiosa d’Italia, un posto dove non succede mai niente, dove, scrivevano, "la nebbia è così fitta che anche nelle cartine geografiche Rovigo non appare". Così la città ha riaperto lo storico Duomo, appoggiato alla chiesa del Seicento dedicata a Santo Stefano, 400 posti, proiettore digitale e un programma, curato da Valentina Guglielmo e gestito dall'Impresa sociale Zico, costruito per coinvolgere le famiglie non solo con i film, e restaurato anche il Cinergia, che adesso si chiama Notorious ma che è gemello diverso del predecessore. Quasi un messaggio per il resto del Paese, un segnale di riscossa per il cinema: «Sicuramente una scelta di coraggio e un segnale di controtendenza - spiega Elena Busson, vicepresidente della Fondazione Rovigo Cultura che aveva giù presentato il progetto al Festival del Cinema di Venezia - Non potevamo restare senza cinema noi che siamo, come Polesine, una Cinecittà a cielo aperto, la culla del Neorealismo e la madre del cinema sonoro».

Perchè qui, a Rovigo, è nata Dria Paola, la ragazzina che fece parlare il cinema, la protagonista del primo film sonoro italiano, perchè qui Rossellini, polesano da parte di mamma, Antonioni, Visconti hanno ambientato capolavori come Ossessione o Paisà, il Neorealismo delle origini, perchè qui è nata Sophia Loren come diva. «Non solo cinema, ma spazio teatro, convegni, con taglio per le famiglie. Il Duomo non sarà in competizione con il Notorius ma alleati nello stesso rilancio».

La risposta? La prima proiezione dopo 15 anni, il film “Volevo nascondermi” di Giorgio Diritti, ha esaurito tutti i 400 posti disponibili. «Rovigo bella addormentata? - sorride Elena Busson - Sono cambiare tante cose, a volte i primi detrattori a volte sono i primi rodigini. Ma noi siamo fatti così: con i piedi nel Polesine e la testa nel mondo».

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