La «svolta» di Salerno? Concordata con Stalin

Matteo Sacchi

I l Partito comunista italiano era il più grande e influente del mondo occidentale. Uno dei miti storiograficamente più difficili da abbattere è stato quello della sua indipendenza da Mosca. Una indipendenza che si sarebbe manifestata subito dopo l'8 settembre 1943 con la scelta di appoggiare la monarchia e il Regno del Sud. Il saggio di Elena Aga-Rossi e Victor Zaslavsky che proponiamo da oggi in allegato con il Giornale (a 11,90 euro più il prezzo di copertina) ha proprio il merito di aver messo in crisi questa vulgata. Togliatti e Stalin. Il Pci e la politica estera negli archivi di Mosca è stato il primo saggio a sfruttare a pieno le nuove fonti archivistiche rese disponibili dal crollo dell'Urss.

La documentazione dimostra che la «svolta di Salerno» non fu una decisione interna del Pci ma una strategia concordata con Stalin. E con Stalin vennero concordate molte strategie del Pci post bellico. Né poteva essere diversamente: Italia e Grecia erano territori di frizione e Mosca aveva tutto l'interesse a monitorarli attentamente. In pratica, negli anni in cui il Pci fece parte del governo di unità nazionale, i sovietici ottenevano informazioni quasi in contemporanea con il Consiglio dei ministri. Un esempio per tutti. I russi vennero informati dell'ubicazione degli impianti industriali che i tedeschi avevano sottratto agli italiani e trasferito in Germania. Furono portati in Urss prima che gli italiani potessero iniziare le pratiche per la restituzione.

Togliatti un burattino di Stalin? No, un dirigente cresciuto nel seno di un comunismo internazionalista che vedeva nell'Urss un referente imprescindibile. Togliatti a Mosca contava, ma contava solo sino a patto di non contraddire Stalin. Piaccia o non piaccia agli storici di sinistra.

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