«Ti stimo fratello», ma senza parolacce La risposta di Vernia ai Soliti idioti

«Ti stimo fratello», ma senza parolacce La risposta di Vernia ai Soliti idioti

«Voglio far divertire senza volgarità: devono torturarmi, per farmi dire una parolaccia», spiega l’ingegner Giovanni Vernia, meglio noto come Jonny Groove, a suo dire «il pupazzo dei pantaloni con le macchie, tipo “Carica dei 101”». È l’ora dei comici di Zelig e, dopo il successo di Checco Zalone, ecco un altro pugliese (trapiantato a Genova) che gioca la carta del salto con l’antenna: dalla tivù al cinema e magari il box office pagherà. Stavolta è la Warner Bros. italiana a distribuire Ti stimo fratello (430 copie, da venerdì nelle sale), commedia di Paolo Uzzi e Giovanni Vernia, densa di gags e situazioni tipiche del personaggio, legato al tormentone «Essiamonoi».
Discoteche, quindi, ed equivoci sul filo d’un doppio rasoio: Jonny e Giovanni sono gemelli, radicalmente diversi. Il primo è vacuo, fissato con la musica house, mentre il secondo è serio e cerca un posto al sole a Milano, dove i due - interpretati da Vernia - incontreranno amici, gay, ladri e varia umanità contemporanea. Siamo dalle parti di Zalone, più o meno, o de I soliti idioti tranne le parolacce, con i produttori tesi a far cassa con il fenomeno del momento, sennonché qui il personaggio c’è ed è sincero. Vernia, alto e allampanato come da Bisio, in questo film per famiglie racconta se stesso. Ossia un bravo ragazzo intelligente, orfano di madre a diciassette anni e con un padre maresciallo della Guardia di Finanza (qui, Maurizio Micheli), severo ma benevolo, e una zia, matriarca del Sud. La quale, al Groove che su Facebook conta un milione e mezzo di fans (in classifica subito dopo Vasco Rossi e Ligabue), in pugliese stretto ha detto: «Giovà, hai finito di fa’ il fesso in televisione?».
Però lui adesso, mollato il posto da ingegnere elettronico per «fare il fesso» sul piccolo schermo, è una star della realtà virtuale, con madri che gli twittano messaggi e postano foto dei figli. «La cifra de I soliti idioti è la volgarità, dai critici elevata al concetto di “politicamente scorretto”. Io scelgo di non essere volgare. Per durare di più. E mi piace che i genitori portino i figli a vedere un mio film, senza dover tappare loro le orecchie. Se dici le parolacce, sei alla frutta», scandisce il comico trentottenne. Dal padre, Vernia nel film riprende il motto «Con la Finanza, non c’è speranza», mentre Diego Abatantuono eleva il cast, comunque solido.

Un pizzico di presunzione, nel mare magnum dei successi facili? «Ho uno zoccolo duro trasversale di fans, dai 15 ai 35 anni», chiarisce Vernia, figlio del mondo Web che ora lo premia: su Twitter ha due profili e invita in sala anche il Papa.

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