Il «panetteriere degli editori, perché è l'unico che stampi i libri in giornata» (citazione da Vanni Scheiwiller) è un creativo non solo dei caratteri mobili che compone grazie ad antichi macchinari nella casa-studio-rifugio di Osnago, Brianza lecchese, ma anche un artista delle tele. Alberto Casiraghy, poeta, intellettuale, già liutaio e violinista, noto per aver fondato la casa editrice Pulcinoelefante, un unicum nel panorama editoriale con i suoi libercoli stampati su quattro sole pagine, aforismi o poesie impreziosite da incisioni o acquerelli d'autore (più di 8mila i titoli, il primo è del 1982), è anche maestro del colore, come possiamo vedere nella mostra allestita in queste settimane da Leo Galleries, a Monza.
«Ci sono sogni indispensabili» (fino al 15 gennaio, a cura di Giovanna Canzi) presenta per la prima volta le pitture di Casiraghy (già tipografo di questo giornale: come non ricordarlo?) dai colori rosso vermiglio, giallo accesso e azzurro intenso su cui l'artista ricama paesaggi surreali e onirici: nuvolette scure, alberi verdastri, soli arancio e poi scale e occhi che scrutano l'universo. Nell'insieme, «una gioiosa danza del colore» dice Canzi. Una serenità scaturita da un momento di dolore: le opere nascono infatti nel pieno del periodo più buio della pandemia, quando dalla bizzarra abitazione di Osnago - che è uno scrigno di ricordi sempre aperto a chi passa - Alberto Casiraghy non poteva uscire. Tra le affollate camere-archivio che custodiscono ad esempio fogliettini, poesie e foto strepitose di Alda Merini alla quale Casiraghy è stato a lungo legato, tra oggetti e monili di geografie e tempi svariati (non mancano nemmeno le maschere africane), hanno preso forma tele di medie e grandi dimensioni dove trova spazio l'originale visione del mondo dello stampatore-artista.
Ogni dipinto è caratterizzato da un colore dominante e possiede un piccolo segno distintivo: una presenza umana e vitale, spesso simboleggiata da un occhio aperto, tratteggiato in bianco e nero, che ci guarda e ci interroga.
Non sono incubi, ma visioni sospese che si muovono leggere fra astrazione e figurazione, quelle che Casiraghy dipinge: anzi, come suggerisce il titolo della mostra, sono sogni necessari alla vita, così simili nello spirito intimo e raffinato «ai librini di Alberto» (diceva Alda Merini) per la capacità di indicare un altro orizzonte possibile. A saper ben guardare, a saper ben leggere l'esistenza.
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