Per tre giorni un film sulla leggenda di Bolle

Ballare fra le quinte delle Terme di Caracalla, del Teatro di Pompei e dell'Arena di Verona è danzare «fuori dal tempo». Fermare il tempo che fugge, respirare e traspirare bellezza è l'essenza della danza, esaltata dalla presenza avvolgente dell'architettura romana. Il tempo è croce e delizia nel balletto, dove tutto è lotta per assumere posizioni innaturali, sfida alla gravità, tensione muscolare dissimulata nella grazia. Il film scritto e diretto da Francesca Pedroni, Roberto Bolle L'arte della danza, in visione nelle sale cinematografiche per tre giorni (21-23 novembre, elenco su www.nexodigital.it), segue il viaggio italiano di Bolle e dei suoi Amici (partner stupendi, stelle della Scala e del Royal Ballet, di Amburgo, Dresda e San Francisco). I saggi coreografici offerti sono all'altezza dei luoghi: dall'Apollo stravinskiano nella stilizzazione di cristallo di George Balanchine, metafora stessa della divinità dell'arte tersicorea, alla raffinata sensualità della Carmèn selon Roland Petit, all'omaggio di John Neumaier a Roi Maurice Béjart (Opus 100), al canone di Pachbel, disegnato da Jiri Bubenicek in un passo a tre mirabile di leggerezza sinuosa.

Un film che non è mai celebrativo, pur mettendo sul piedestallo Bolle, danzatore uscito dal marmo pario ed etoile dei Due Mondi (Scala e American Ballet), nemmeno davanti ai riti della caccia agli autografi, al fanatismo dei selfie, all'applauso del pubblico. Merito non piccolo di questa felicissima ricerca di un tempo ritrovato.

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