"Tredici vite", storia vera che brilla per sobrietà in mano a Ron Howard

L’operazione di salvataggio realmente accaduta resta emozionante nonostante il finale noto. Un racconto realizzato sapientemente, nel quale la compassione nasce dall’autenticità

"Tredici vite", storia vera che brilla per sobrietà in mano a Ron Howard

Tredici vite, l’ultima fatica di Ron Howard, esce direttamente su Amazon Prime Video e racconta in maniera puntuale un fatto di cronaca che ha tenuto il mondo intero col fiato sospeso solo poche estati fa. Era infatti la fine di giugno del 2018 quando una squadra calcistica di ragazzini di età compresa tra gli 11 e i 16 anni rimase bloccata nella grotta di Tham Luang in Thailandia. Durante una gita con l'allenatore venticinquenne, l’improvviso anticipo della stagione dei monsoni tradì il gruppo: una pioggia torrenziale aveva presto sommerso le anguste gallerie percorse a piedi, bloccando tutti quanti in una camera d’aria dalle pareti di roccia, a grande distanza dalla superficie.

Si suppone che il pubblico ricordi l’esito finale dell’operazione di soccorso, ma ciò non lede il coinvolgimento durante la visione del film. Howard imbastisce una narrazione piuttosto documentaristica e non prende scorciatoie, dedicando allo sforzo globale per mettere in salvo i ragazzi ben due ore e mezza, durata atta ad evidenziare quanto il fattore tempo abbia pesato sull’intera vicenda. Da un lato, infatti, c’è l’incredibile scoperta, a dieci giorni dall’accaduto, di come i tredici del titolo siano ancora vivi, dall’altro il conto alla rovescia per tirarli fuori prima che la situazione precipiti a causa del limitato ossigeno rimasto nella grotta.

Il salvataggio raccontato in “Tredici vite” è una colossale via crucis tecnica che si prende tutta la scena: il focus è sulla macchina operativa dei soccorritori, non su chi si trova ostaggio della montagna. Grande scelta, ancorché rischiosa. Troppo facile e retorico sarebbe stato cavalcare il punto di vista degli intrappolati, esplorare il loro buio e avviluppare lo spettatore attraverso le caratterizzazioni e i background emotivi di alcuni di loro. Howard invece arriva alle corde del cuore senza mai drammatizzare gli elementi in suo possesso, lascia che a parlare siano i fatti, spogli e senza fronzoli, in modo che ci si senta avvinti ma mai in maniera ricattatoria.

Alla presenza dei Media di tutto il mondo sfilano funzionari di governo, Navy SEAL thailandesi e un numero enorme di volontari. I locali nel film conservano la lingua di appartenenza in modo da rendere tutto quanto ancora più realistico. Nel grande coro multiculturale, Howard privilegia un paio di subacquei britannici che saranno figure chiave. John Volanthen e Richard Stanton, cui qui prestano il volto due divi di Hollywood come Colin Farell (che ha sofferto di attacchi di panico nelle riprese sott’acqua) e Viggo Mortensen, sono sommozzatori amatoriali, non saranno quindi accreditati come i più abili ed esperti ma sono uomini pragmatici e coraggiosi. Armati di competenza e complicità sfidano a più riprese il labirinto di stretti tunnel sotterranei allagati e, una volta trovati vivi i ragazzi, sanno che servirà un secondo miracolo: escogitare il modo di estrarli da quel claustrofobico sistema di grotte. I nostri eroi si trovano preda ora di correnti interiori fatte di insicurezze, dubbi e conflitti morali, ora di correnti fisiche, potenzialmente letali da incontrare tra i cunicoli di roccia.

Oltre alla loro, spicca la fermezza d’animo dei ragazzi imprigionati che, nonostante la situazione disperata, sono ancora lucidi e collaborativi, avendo matenuto la centratura dello spirito grazie a preghiera e meditazione.

Ognuno in "Tredici vite" fa la propria parte per raggiungere lo scopo comune, ivi compresi i contadini che sacrificano i loro campi affinché l'acqua della grotta abbia un posto dove essere pompata fuori durante l’incessante e pericolosa pioggia.

Il lavoro di squadra è mostrato in maniera distaccata ma non per questo si percepisce meno straziante la crescita di complessità e rischi cui si trova davanti. Certo, gli sforzi di salvataggio sono forse un po’ ripetitivi nel film, ma servono a omaggiare il suo vero protagonista: lo spirito resiliente, quello capace di non cedere all’angoscia e alla sfiducia.

“Tredici vite” è una storia di sacrificio e solidarietà reciproca in cui l’umano limite mentale e fisico è oltrepassato a colpi di ingegno e compassione. Insomma, il ritratto fedele del meglio dell'umanità.

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