Cultura e Spettacoli

Tsukamoto e l'erotismo come terapia dell'anima

Una coppia in crisi, un fotografo che ritrae la donna di nascosto. E il sottile gioco fra desiderio e malattia

Tsukamoto e l'erotismo come terapia dell'anima

Chi non ha smarrito dalla memoria La chiave di Tanizaki Jun'ichiro (e sappia - ma non è facile - mettere fra parentesi la prorompente sensualità mediterranea, dunque per nulla giapponese, di Stefania Sandrelli nel film omonimo - e infedelissimo - di Tinto Brass), ricorda che nel sottile e a tratti insondabile rapporto fra marito e moglie, descritto attraverso il dialogo implicito fra i loro rispettivi diari, un ruolo importante ricoprono le fotografie che lui scatta ritraendo di lei ogni anfratto del corpo. E chi, memore del romanzo di Tanizaki datato 1956, ora legga, per la prima volta in italiano, Rokugatsu no hebi, il romanzo del 2003 con cui il regista Tsukamoto Shin'ya ha messo nero su bianco ciò che un anno prima il suo film omonimo aveva messo anch'esso nero (sebbene virato al blu) su bianco, non può non cogliere l'affinità tra i due libri. Affinità di genere, quello erotico, fatto però passare attraverso i tre filtri della perversione, della dannazione e della malattia.

Che per molti autori giapponesi il sesso sia un regno dove la gioia, la consonanza e la soddisfazione reciproca di chi lo fa sono banditi, è cosa nota. Oltre che a Tanizaki, pensiamo a Kawabata, ad Akutagawa, a Mishima. Per loro l'eros non è il contraltare di thanatos, ne è l'effetto o la causa. Tsukamoto, con Un serpente di giugno (Marsilio, pagg. 123, euro 15, traduzione di Francesco Vitucci) si muove a proprio agio in questo campo. Ma se nella Chiave i due diari dei coniugi che da segreti diventano pubblici all'una e all'altro sono, appunto, la chiave che all'uomo apre la porta della gratitudine attraverso la gelosia e alla donna apre la porta dell'affetto attraverso il tradimento, qui la vicenda non si sviluppa su due linee parallele che in quanto tali mai s'incontreranno, bensì con due curve dall'andamento simmetrico ma contrario che infine trovano nel punto zero un nuovo inizio...

Il motore, come nella Chiave, è il terzo incomodo che s'inserisce nella coppia. Ma mentre il Kimura di Tanizaki è un classico amico di famiglia assurto ad amante della donna, quasi un topos da romanticismo occidentale, qui l'anonimo fotografo (nel film si chiama Iguchi ed è interpretato dallo stesso Tsukamoto) che con le sue immagini rubate determina in Rinko quasi una mutazione genetica, trasformandola da grigia impiegata in insaziabile baccante, facendo con ciò lievitare il senso di colpa di Shigehiko, il marito troppo assente e distratto, è una figura aliena, un imprevisto, un incidente di percorso.

Il caso vuole che sia Rinko, telefonista di un presidio medico di assistenza socio-sanitaria, a prendere alcune chiamate del ragazzo. Il caso vuole che quest'ultimo, gravemente malato e aspirante suicida, trovi nelle parole di lei un minimo di conforto. Il caso vuole che lei sia una donna insoddisfatta, triste, rannicchiata nell'incomunicabilità domestica e che l'interlocutore, con un rovesciamento di ruoli, ne diventi a suo modo il terapeuta. Il fotografo capisce infatti che Rinko è cenere, ma anche che la cenere cova una tenue fiammella. Così la trasforma in incendio, ordinando alla donna di gettare alle ortiche i freni inibitori per fare sesso non con lui (i due mai si vedono, né tanto meno si toccano, comunicano per telefono, oltre che tramite le foto scandalose che lui invia a lei), ma con sé stessa, liberando il serpente che ha in corpo.

Siamo in giugno, la stagione delle piogge, e la pioggia di orgasmi di Rinko, truccata e vestita come mai aveva osato, diventa un fiume in piena che travolge lei e, di riflesso, suo marito. Perché quel diavolo tentatore nascosto nell'ombra contatta anche lui, infliggendogli una dura punizione. È un atto d'imperio, una violenza che tuttavia tocca nella vittima il nervo nascosto dell'orgoglio. Così la gelosia (mal riposta) di Shigehiko genera gratitudine e il tradimento (immaginato) di Rinko genera affetto.

Tanizaki approverebbe.

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