Beautiful animals, pensa Samantha, detta Sam, di sé e della sua nuova amica Naomi, Nobbins secondo il nomignolo paterno: «Begli animali, belli come pantere». È estate, l'estate greca di Idra, il mare profondo e il sole ingannatore, i muri a secco, gli asini, le rocce, il vino bianco gelato, l'ouzo perlaceo Ena omorfo zoo, ripete Naomi, 24 anni, che sull'isola ha trascorso le estati fin da quando era piccola e quindi il greco l'ha imparato. È inglese, mentre la ventenne Sam è americana, fanno ambedue parte della buona, anzi ottima borghesia occidentale, ma se la seconda vive la sua condizione sociale con il pragmatismo yankee di chi non deve sentirsi in colpa per essere arrivato in cima, la prima la percepisce come un'offesa, «si vergognava di essere ricca», senza per questo ambire a essere poveraUna componente del suo carattere, ma questa è una considerazione fatta dal padre, è «il non voler mai assumersi la responsabilità» delle cose che fa, e questo rimanda a una sorta di incosciente animalità, propria di chi è «inconsapevole delle complessità della coscienza» È anche per questo che quando le due ragazze si imbattono in Faoud, profugo siriano approdato in uno degli anfratti dell'isola, è Naomi a prendere in mano la situazione, con la leggerezza, travestita da zelo umanitario, con cui ci si prende cura di un cane randagio ben sapendo che, alla fine della vacanza, verrà di nuovo abbandonato sul ciglio della strada: ti ho dato una chance, ma ora devi sbrogliartela da solo.
Beautiful Animals è il titolo originale di L'estate dei fantasmi, di Lawrence Osborne (Adelphi, traduzione di MariaGrazia Gini, 283 pagine, 19 euro), una storia aspra che si snoda lungo i contorni di un'isola a sua volta arida, posta di fronte alle coste del Peloponneso, a tre ore di mare dal Pireo, e che è per certi versi la vera protagonista della storia. È la stessa Idra che alla fine degli anni Trenta sembrò a un entusiasta Henry Miller «costruita da una stirpe di artisti, una creazione di sogno: un sogno nato dalle pietre». Le dimore a più piani di capitani del mare circondano ancora il porto, la casa che il cantante Leonard Cohen comprò negli anni Sessanta esiste ancora, ma quello che era un rifugio elitario da happy few si è trasformato negli anni in una deriva di lusso di massa pacchiano e disordinato a cui il turismo russo e cinese ha dato ulteriore forza e la crisi economica greca acuito i contrasti: «I proprietari greci erano andati in rovina. Sull'isola, quelli rimasti solvibili erano per lo più gli stranieri, che venivano per l'estate e facevano sempre ridipingere le porte. Carissa era greca e aveva assistita alle loro trasformazioni. Prima i poeti e gli scrittori che affittavano le case dei pescatori per dieci dollari al mese. Poi i cinquantenni abbienti delle grandi città. Infine gli imprenditori delle compagnie aeree con il pallino dell'arte. Li considerava tutti barbari invasori». Carissa è la domestica dei Codrington, i genitori tanto odiati da Naomi, perché suo padre si è risposato dopo la morte della prima moglie e ha così dato alla figlia una matrigna, e i Codrington appartengono a quel sofisticato stuolo di intellettuali, artisti, vacanzieri dediti alla cosiddetta «stagione dell'ozio»: aperitivi in terrazza, party alcolici, sesso allo stato brado, escursioni a bordo degli yacht, guerra fra generazioni. Perché Idra, l'estate a Idra, vuol dire anche questo, una giovinezza «la cui coscienza era stata creata dai media, non dalla vita», che «non aveva mai provato niente del mondo reale» e una vecchiaia che non ci sta a essere messa da parte, ma sa che si trova comunque con le spalle al muro: «Gli anziani sono tutti soli». Anche sul bere si può misurare il gap generazionale, lo sballo da un lato, l'ubriachezza come fine ultimo, contrapposti a chi l'ha sempre vissuto come facente parte della vita, «bere come farsi la doccia o portare fuori il cane, bere in un modo che i giovani non potevano capire».
E i migranti? Sono sbucati anche dal mare che circonda Idra, fantasmi che nessuno vuole vedere in questa estate di fantasmi che hanno il divertimento come obbligo mondano. Gira la polizia nell'isola e intorno all'isola e gli abitanti locali parlano con diffidenza dell'arapis, l'arabo che arriva dal mare, l'aravas, per usare una parola greca meno corriva. È che con i turchi i greci hanno un lungo contenzioso, fatto di occupazioni e umiliazioni e dire che anche lì si tratta di esseri umani, non è sufficiente a curare antiche ferite. Ma poi, scappano veramente per sopravvivere, o è qualcosa di più complesso? Il padre di Naomi, per esempio, ha una sua idea, brutale, ma chiara: «Stanno affondando come il Titanic. Affondano e intanto trascinano giù anche noi. Se li teniamo fuori, li annientiamo, se li lasciamo entrare, loro annientano noi. Ce l'abbiamo, il coraggio di decidere?».
Quello che non sopporta nell'atteggiamento della figlia è l'astrattezza idealizzante, l'atteggiarsi a «buona samaritana: il lavoro più facile del mondo e ideale per i borghesi europei, gente inutile. Le persone non potevano fuggire da loro stesse. Si portavano tutto dietro, consapevoli di questo».
Senza saperlo, il padre di Naomi la pensa come Faoud, il naufrago di Idra che la figlia vorrebbe salvare, ma senza sporcarsi troppo le mani e usandolo per punire in qualche modo quel genitore troppo fatuo, troppo sicuro di sé e troppo ipocrita dietro le sue arie di collezionista d'arte che altro non sono se non un accumulare quattrini. Perché Faoud è un siriano di buona famiglia, studi a Beirut, viaggi in Europa, un francese e un inglese fluente, che, sfollato a Istanbul, non è qui riuscito a trovare il suo spazio vitale: è musulmano, è arabo, ma non è turco, non ne parla la lingua, non riesce a inserirsi. Dovrebbe rimboccarsi le maniche, ma non se la sente, preferisce rischiare, buttarsi in mare
L'estate dei fantasmi è anche un thriller, un piano per far uscire Faoud dall'isola che innescherà una sorta di reazione a catena di cui lasciamo al lettore il piacere della scoperta. Allo stesso tempo è una riflessione disincantata sui guasti della ricchezza quando si mischia al bisogno di sempre e comunque produrre, in una spirale senza fine.
Come dice, con il suo acume involontario, la madre di Sam, la recalcitrante amica di Naomi nel dare soccorso al loro naufrago, «i posti più belli sono sempre i più inutili». Non servono a niente, e quindi sono uno spreco.
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